Quel sospetto di parzialità sull'incubo che si riapre

La "bomba di ottobre" lanciata dal direttore repubblicano dell'Fbi: il ministro Lynch non voleva

Quel sospetto di parzialità sull'incubo che si riapre

New York - La posta elettronica si conferma il peggior nemico di Hillary Clinton: a soli dieci giorni dal voto per il rinnovo della Casa Bianca torna lo spettro dell'email-gate a tormentare la candidata democratica. I messaggi che hanno scatenato il terremoto (migliaia a quanto pare) riguardano lo scambio di immagini a sfondo sessuale da parte di Anthony Weiner, marito della braccio destro di Hillary, Huma Abedin. Email rinvenute in seguito al sequestro di dispositivi elettronici nell'ambito dell'inchiesta sul sexting di Weiner con una 15enne, che ha già messo fine al suo matrimonio con Huma e ne ha distrutto la carriera politica.

L'Fbi ha precisato che non si sa se i contenuti in questione risulteranno compromettenti per Hillary e se contengano materiale classificato, tuttavia ha deciso di rendere nota la vicenda per non incappare in eventuali accuse di insabbiamento. A lanciare la bomba è stato il direttore dell'Fbi James Comey: venerdì pomeriggio ha fatto sapere in una lettera inviata ai membri del Congresso che verrà riaperta l'indagine relativa all'account e ai server privati utilizzati dalla Clinton quando era segretario di stato. In una comunicazione ai dipendenti del Bureau, quindi, ha motivato la decisione affermando di aver «sentito un obbligo» ad agire in questo senso. «Naturalmente di solito non parliamo al Congresso delle indagini in corso - ha scritto - ma in questo caso sento un obbligo a farlo, considerato che negli ultimi mesi ho ripetutamente testimoniato che la nostra inchiesta era conclusa. Credo inoltre che sarebbe fuorviante per il popolo americano non fornirne nota». Il numero uno dell'Fbi, quindi, si è detto consapevole del rischio di fraintendimenti, data la necessità di bilanciare le informazioni in una comunicazione breve e considerata la tempistica, nel momento clou della stagione elettorale.

Secondo quanto rivelato da funzionari di alto livello del Dipartimento di giustizia, la scelta di informare Capitol Hill è stata totalmente indipendente e contraria al parere del ministro della giustizia Loretta Lynch, per la quale era meglio attenersi alla consuetudine di non commentare indagini in corso, e non prendere posizioni che possano in qualche modo influenzare l'esito delle elezioni. Quel che è certo è che le email sono un vero incubo per l'ex First Lady: lo scandalo sulla posta elettronica ha iniziato a tormentarla nel marzo 2015, quando emerse che durante il mandato come segretario di Stato si servì del suo account privato per spedire e ricevere oltre duemila messaggi in seguito classificati come segreti da Foggy Bottom, e che quindi sarebbero dovuti passare tassativamente sull'account legato ai server del governo federale. La faccenda costrinse la Clinton a chiedere scusa testimoniando per oltre 11 ore davanti al Congresso, mentre l'Fbi avviava un'inchiesta per verificare se dal server personale fossero transitati anche segreti di Stato.

La scorsa estate il ministro della giustizia Loretta Lynch annunciò l'archiviazione dell'indagine, anche se l'Fbi ammise che la gestione delle email da parte della Clinton fu «estremamente superficiale». Proprio allora Comey, repubblicano già attivo nell'amministrazione Bush e scelto tre anni fa dal presidente Barack Obama come capo del Bureau per garantire equilibrio, finì nel fuoco incrociato dei membri del Grand Old Party per la decisione di non portare avanti le accuse.

Ora invece sono in particolare i democratici a sparare a zero sul personaggio chiave della «bomba di ottobre», che lo ritengono responsabile di condizionare la campagna per le presidenziali a meno di due settimane dal voto.

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