Sotto il letto abbracciati al leoncino

Samuele e il fratellino salvati dalla nonna e dal materasso

Emanuela Fontana

da Pescara del Tronto (AP)

La polvere ovunque. Sulla maglietta blu con un orso che sembra un topolino, tra le ciglia e gli occhi brillanti come il cielo dove le pale di un elicottero tagliano la luce e creano spicchi di ombra sulle guance infangate. Samuele alza gli occhi socchiusi, accecato da quel bagliore. «E' crollato tutto?» chiede alla mamma. Piccolo e atterrito, gli tremano le spalle e le ginocchia bianche, seduto sulla barella, un collare ortopedico che gli blocca il mento, le manine che cercano gli occhi per pulirseli dalla terra. Sembra uscito da un pozzo, da un manicomio buio, dalla crosta del mondo.

La mamma toglie pezzi di calcinacci dalle orecchie e dai capelli, gli libera il viso da tutta quella polvere. Usa la manica di una felpa, non c'è nemmeno un fazzoletto. Pescara del Tronto, un paese piccolo come un giocattolo, è dietro alle loro spalle, sbriciolato come un wafer, steso sul dirupo. «Sì è crollato tutto», non mente senza abbassare lo sguardo. «Anche il tetto» dice il bimbo. «Anche il tetto», conferma la mamma. Le labbra non riescono a fermare quel tremolio, dondola con tutto il corpo questo bambino. «Non crolla più?». «No, non crolla più». Non ci possono essere due mostri in una sola giornata.

Samuele ha quattro anni e la nonna l'ha infilato con il fratellino di sei anni sotto al letto appena è iniziato il terremoto. «Li abbiamo trovati come se fossero al riparo di una capannuccia naturale», si commuove un soccorritore della Croce Verde di Ascoli Piceno. «Ci chiamavano: aiuto!». Il più piccolo l'hanno estratto per ultimo. Anche il solaio ha creato una piccola Betlemme, rimanendo sospeso su quel rifugio creato da una nonna: il gesto istintivo e antico delle donne picene, figlio di una esperienza tellurica, dei racconti di generazioni, di una fede incrollabile a Sant'Emidio, che protegge dai singhiozzi del profondo. La testa sotto il letto, così si vince il terremoto ad armi nude.

Sono le nove e mezzo, cinque ore dopo la scossa enorme delle 3 e 36, cinque ore sotto le macerie. La stretta strada tutta in salita che sale dalla Salaria trema forte. Una crepa sull'asfalto si spalanca come un frutto molle. «E i nonni?», chiede il piccolo con i suoi occhi che sono fulmini, impastati di tutto quello che la terra nasconde.

La nonna dei bambini è viva, ha una gamba schiacciata ma è viva. Il nonno lo cercano ma è tra quelli che non ce l'hanno fatta. Voleva a tutti i costi stare in vacanza a Pescara con i nipotini, probabilmente perché amava molto quel borgo minuscolo nascosto alle radici del monte Vettore.

Il bimbo ora è in braccio alla mamma e riesce a voltarsi, nonostante il collare. L'elicottero è lontano, non può distrarlo più. E vede le case a pezzetti. Trema di nuovo.

«Eri vicino al leone?», chiede la mamma.

Samuele si placa come se sentisse di nuovo una mano forte sulla testa. Riapre gli occhi. Fa cenno di sì. Per più di cinque ore è rimasto con un leoncino e suo fratello. A lottare contro il mostro e il buio, nel letto fatto a cuccia come sotto lo scudo di un guerriero.

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