Splendori e miserie dei Kennedy italiani

La saga di una famiglia che tra lutti, liti e trionfi ha scritto la Storia del Paese

Splendori e miserie dei Kennedy italiani

Una casa reale senza corone e troni. Una dinastia che si perde nei secoli ma viene studiata soltanto dal Novecento in poi. Storia, dunque recente ma che può risalire, stando a uno studio approfondito di Gustavo Mola di Nomaglio, a metà dell'Ottocento con la figura del nonno di Giovanni, quest'ultimo fondatore della Fiat, insieme con Ludovico Scarfiotti, Emanuele di Bricherasio, Roberto Biscaretti di Ruffia, Michele Ceriana Mayneri, Luigi Damevino, Alfonso Ferrero di Ventimiglia, Cesare Goria-Gatti e Carlo Racca. Era costui, Giuseppe Francesco Agnelli e con lui ebbe inizio l'avventura produttiva e finanziaria della famiglia che, già da sei generazioni di mercanti e banchieri, aveva segnato l'economia del Piemonte e non soltanto. Lo stesso Giuseppe Francesco si era distinto, per atti di valore, come ufficiale di Napoleone nelle campagne di guerra. Va da sé che Fiat o come, senza acronimo, usava chiamarla Gianni, l'Avvocato «Fabbrica Italiana Automobili Torino», rappresenti l'inizio di una nuova epoca, quella industriale, sociale, politica che ha riguardato qualunque settore e confine, oltre i muri della fabbrica e le mura di Torino. Non va trascurata, anzi è curiosa e decisiva, la nota relativa alla nascita del senatore che viene riportata, come atto di battesimo, nella parrocchia di Villar Perosa: «L'anno del Signore 1866 , il 9 del mese di settembre, è stato presentato alla Chiesa un fanciullo nato il 13 del mese di agosto alle ore otto pomeridiane, figlio del vivente Agnelli Edoardo del fu Giuseppe Francesco, nativo di Torino, coniugi Agnelli, domiciliati in Torino, cui si amministrò il Battesimo dal sacerdote Bonansea Giuseppe in casa e le cerimonie si supplirono da Monsignor Lorenzo Rinaldi, vescovo di Pinerolo, in Chiesa e si imposero i nomi di Giovanni Francesco Luigi Edoardo Aniceto Lorenzo. Padrino Frisetti Giovanni del fu Lorenzo di Torino e madrina Frisetti Anna, nata Lavista del fu Giuseppe di Torino». Fu l'inizio di tutto, si potrebbe dire e scrivere, dalla prima fabbrica di corso Dante al lingotto ai Mirafiori e ancora altrove, da Valletta a Marchionne uomini estranei alla famiglia ma «dentro» più di alcuni consanguinei.

In questo tutto la figura di Marella Agnelli è sempre uscita dalla narrazione di repertorio dell'impero finanziario e imprenditoriale, essendo Lei di una continua, velata presenza, distante dalla luce abbagliante del marito e di altri componenti della dinastia, la maggior parte dei quali, se non tutti, all'ombra del patriarca ultimo. Una famiglia larga, quasi senza una conclusione araldica, attrice di una saga che ha avuto ogni tipo di illustrazione, spettacolare, drammatica, tragica, tra morti improvvise, altre oscure, altre comunque sofferte perché precoci e feroci e, ancora, liti e contenziosi per l'eredità, separazioni, divorzi. Se in principio ci fu il senatore, venne poi il tempo di Gianni mentre è stato dato poco spazio alla figura del padre dell'Avvocato e di Umberto, dico di Edoardo Agnelli, unico figlio del senatore, che occupò numerose e diverse cariche istituzionali, da amministratore e consigliere del Comune di Torino a vicepresidente della Camera di Commercio, da presidente della Società Italiana Coke a quello della Società Anonima Officine di Villar Perosa, membro del consiglio direttivo del Museo di Arte Antica e di Arte applicata all'Industria, oltre alla vicepresidenza Fiat e alla presidenza della Juventus con cinque scudetti consecutivi prima della morte per un incidente aereo.

Di certo, gli accadimenti di questi ultimi vent'anni, hanno inciso profondamente nella raffigurazione comune degli Agnelli. Il suicidio di Edoardo, la scomparsa di Giovanni Alberto, figlio di Umberto ed erede vero di Fiat, prima della nomina di John Elkann, così come, in precedenza, la misteriosa, e tenuta sempre nascosta, fine di Giorgio, uno dei sette figli di Edoardo, insieme con Clara, Gianni, Susanna, Maria Sole, Cristiana, per l'appunto Giorgio e Umberto. Di quel nucleo restano in vita soltanto Maria Sola e Cristiana ma i nipoti e affini formano una folla che prosegue la stessa storia, anche se, ad oggi, soltanto Andrea Agnelli, come avviene con suo figlio Giacomo, conserva il cognome essendo, gli altri, apparentati con famiglie di araldica differente.

Mille sono le dimore, le case, i castelli e le tenute di proprietà, la stessa donna Marella si era affezionata a Marrakech pur avendo trascorso ore e giorni a New York o Roma o in Corsica o a Sankt Moritz ma per Lei, come per tutti gli

altri, Villar Perosa è rimasta tale nei secoli, un borgo illuminato dalla villa e dal suo parco-giardino, come una cuccia, la culla, anzi la reggia nella quale gli Agnelli tornavano, tornano e torneranno, a sentirsi tali.

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