Le squadracce grilline in Rete linciano elettori e giornalisti

Dopo la disfatta elettorale, finisce nel mirino chi non ha votato per loro e chi critica. Pioggia di insulti sui social

Le squadracce grilline in Rete linciano elettori e giornalisti

Prima si parte con gli avversari, poi con gli oppositori, poi con i giornalisti e infine, quando non si hanno più bersagli e la disfatta è manifesta non resta che attaccare gli elettori. Benvenuti a Grillolandia, patria dell'insulto indiscriminato.

L'ultima frontiera del linciaggio online in salsa cinque stelle è andata in scena dopo le Amministrative di domenica scorsa. Lungi dal Movimento ammettere la batosta. Guai a fare autocritica. Impossibile aspettarsi un passo indietro. Anzi, da Grillo in giù è stato un coro di assurdità da «crescita lenta e inesorabile» all'«abbiamo migliorato i risultati» in stile Prima repubblica, fino al «siamo al ballottaggio a Topolinia». E quindi, ecco il dagli all'elettore con militanti ma anche candidati scatenati. A Lariano, piccolo comune dei Castelli romani, la candidata grillina Sabrina Taddei sconfitta alle elezioni comunali non l'ha presa bene e tramite Facebook ha pubblicato insulti e anatemi contro chi non l'ha votata. Che poi è la stragrande maggioranza visto che ha raccolto un risibile 4%. «Paese retrogrado, in mano ai soliti lecchini», «cittadini addormentati, abituati a eseguire gli ordini dei signorotti locali, abilissimi a comprare il loro consenso elettorale», e ancora «vi meritate giorni e giorni senz'acqua» e poi per concludere «l'abbandono da parte dei figli visto che hanno dei genitori che non hanno pensato al loro futuro». Una signorata, in sintesi. Stesso scenario con il senatore leccese Maurizio Buccarella che visto il flop nella sua città sempre via social si sfoga dicendo «questo è il veleno della democrazia, questi figli di p... che comprano la dignità dei nostri giovani vanno spazzati via e, appena possibile, denunciati». Ah, questi elettori, bravi e buoni solo se votano loro.

Da candidati e onorevoli ai militanti il passo è breve. Il buon esempio non è per nulla vano, le squadracce a 5 stelle sono subito pronte a colpire sul web. C'è chi su Taranto dice: «Siete massacrati dall'Ilva ma vi meritate tutto». Chi riguardo l'Aquila, dove al ballottaggio vanno centrosinistra e centrodestra, scrive «vince il Pd nelle zone terremotate, si vede che amano il campeggio». Chi riguardo il voto di Genova, dove anche in questo caso il ballottaggio sarà tra centrosinistra e centrodestra con mazzata in casa propria per Grillo, se ne esce con un «la prossima volta che esonderà un fiume allora morite con i vostri figli». C'è poi il vignettista semi ufficiale dei grillini Mario Improta, alias Marione, che rappresenta gli italiani agonizzanti in un mare di liquami mentre rifiutano la mano tesa e, naturalmente, linda del Movimento 5 stelle che vuole salvarli. Manifesto del disprezzo totale che i militanti 5 stelle nutrono verso chi non la pensa come loro.

D'altra parte per chi è cresciuto alla scuola del «vaffa» e ha fatto dell'insulto la propria cifra stilistica il canovaccio è chiaro. Sono tutti ladri e corrotti e mafiosi, asserviti al potere, incapaci e in malafede. Tutti tranne loro, ovviamente. E allora è normale, quasi naturale trascendere nell'insulto. Come normale è prendersela con la stampa. E quindi se il giornalista Nicola Porro si permette in Tv di mettere alle corde il grillino Alfonso Bonafede, smontando punto su punto il reddito di cittadinanza, su Facebook ecco puntuale il bombardamento di commenti che vanno da «venduto» a «servo del potere» a «maleducato» fino ai classici pennivendoli. Poco importa che Porro sia stato preciso, puntuale e incalzante sul merito e che abbia zittito il deputato incapace di replicare per mancanza di argomenti. Se li attacchi sei brutto e cattivo, a prescindere.

Stesso trattamento subito anche da Maurizio Costanzo che sempre in tv ha criticato la senatrice grillina Paola Taverna sottolineando i mali di Roma e la malagestione della giunta Raggi con ironia e sarcasmo. A lui l'invito di «ritirarsi» «di andare a guardare qualche cantiere», o più semplicemente, «di tacere». Alla faccia della democrazia. Nulla di strano per chi ha varato le liste di proscrizione per i giornalisti non graditi e definisce da sempre la stampa venduta al fantomatico, indefinito e inafferrabile «potere».

D'altra parte quando le logiche del peggior becero tifo da stadio vengono applicate alla politica il risultato è questo. Non conta la realtà dei fatti: l'arbitro è sempre venduto, gli avversari rubano e i tifosi delle altre squadre fanno schifo. È la politica grillina e nessuno sembra esserne immune.

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