Strage di "Charlie Hebdo", l'ideatore preso a Gibuti

Peter Cherif nascosto dai jihadisti yemeniti di Aqpa Fuggì in Siria nel 2015 con la vedova di Coulibaly

Strage di "Charlie Hebdo", l'ideatore preso a Gibuti

Il Gibuti non è più la «terra in letargo» che Dino Buzzati descriveva nelle sue corrispondenze di guerra ottant'anni fa, oggi è diventata una zona strategica dove operano cellule jihadiste come Aqpa, l'organizzazione integralista yemenita radicata nel Corno d'Africa. Ed è proprio a Gibuti che lo scorso 16 dicembre una task force francese ha arrestato il 36enne estremista Peter Cherif, conosciuto con il nome di battaglia di Abu Hamza, ma soprattutto uno degli organizzatori degli attentati del 7 gennaio 2015 alla redazione della rivista satirica parigina Charlie Hebdo.

L'indiscrezione sulla sua cattura è trapelata giovedì e pubblicata da alcuni organi di informazioni francesi, ma ieri è arrivata la conferma ufficiale dal ministro degli Esteri del minuscolo stato africano (grande quanto la Toscana) Mahamoud Youssouf, che ha ribadito la «piena collaborazione con le autorità francesi». Cherif si trova al momento nel carcere di Gabode in attesa di essere estradato.

Il terrorista intratteneva scambi regolari con i fratelli Said e Cherif Kouachi, gli autori del sanguinoso attacco che costò la vita a 12 persone, tra vignettisti, giornalisti e poliziotti. I fratelli Kouachi vennero uccisi pochi giorni dopo al termine di una rocambolesca caccia all'uomo nella periferia della capitale transalpina. Non solo, Peter Cherif dirigeva di fatto la cellula del parco di Buttes-Chaumont di Parigi, dove tutt'ora si cresce a pane e jihad. Buttes-Chaumont disponeva all'epoca, come purtroppo ancora oggi, di un gruppo di «soldati» che raccoglie informazioni su internet e si procura denaro per acquistare armi in Svizzera e nei Paesi dell'Est Europa. Armi che sono state utilizzate per gli attentati di Parigi (anche al Bataclan undici mesi dopo) e di Bruxelles.

Quella di Peter Cherif si può definire un'esistenza rocambolesca: dopo l'invasione americana dell'Irak si unì alla rete terroristica di Al Qaida e nel dicembre 2004 venne catturato dall'esercito americano nella città di Falluja. Nel 2006 fu condannato a 15 anni di carcere, ma riuscì a fuggire da una prigione di Mosul per combattere tra le fila degli estremisti nello Yemen, a fianco dei miliziani dell'Aqpa. Il medesimo gruppo che a Gibuti gli ha garantito la latitanza.

Secondo fonti dell'intelligence francese Peter Cherif avrebbe organizzato anche la fuga della vedova nera Hayat Boumedienne, la compagna di Amedy Coulibaly, complice a sua volta dei fratelli Kouachi e autore della strage al supermercato kosher di Porte des Vincennes due giorni dopo i fatti di Charlie Hebdo. Hayat attraversò la frontiera con la Siria l'8 gennaio 2015.

Ma qualche giorno prima, forse il 2 gennaio, la donna venne intercettata a Madrid, all'aeroporto Barajas, dove partì in compagnia di Peter Cherif. Di lei si sono perse le tracce a Tell Abyad (città della regione siriana di Raqqa), lui invece è atteso nelle galere transalpine.

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