Cristina Bassi
Per questi giovani aguzzini l'appellativo di «bulli» è riduttivo. Il branco di adolescenti che prendeva di mira coetanei considerati deboli faceva molto di più che umiliare e sottomettere. Picchiava, schiavizzava, stuprava. Il tutto fotografato e ripreso con i telefonini e poi condiviso in chat e sui social.
I carabinieri di Vigevano, guidati dal capitano Rocco Papaleo, ieri hanno arrestato quattro ragazzini e ne ha denunciati sei. Hanno tutti tra i 15 e i 16 anni, tranne uno che è 13enne e quindi non è imputabile. Sono italiani residenti nella cittadina non lontano da Pavia. Fanno parte di buone famiglie, figli di commercianti e professionisti. Due gli episodi più gravi (anche se non i soli) finiti agli atti, entrambi ai danni di un 15enne iscritto al primo anno di un istituto tecnico. Scelto come vittima principale perché fragile e perché non avrebbe mai parlato. Aveva troppa paura, si vergognava e accettava le torture per non essere escluso dal gruppo. In una occasione la gang lo ha costretto, sotto la minaccia di botte che tra l'altro aveva già preso altre volte, a bere alcolici fino a ubriacarsi. Poi i violenti gli hanno messo una catena al collo e l'hanno portato in giro come un cane al guinzaglio. Al ragazzino è andata peggio quando i suoi persecutori lo hanno spogliato, legato e appeso a testa in giù a un ponte, infine violentato con una pigna. Le aggressioni più brutali si sono verificate tra dicembre e gennaio scorsi.
I quattro ragazzi arrestati sono al carcere minorile Beccaria di Milano. Nel disporre la misura della prigione, il gip del Tribunale dei minori ha sottolineato «l'elevatissimo rischio di recidiva» e fatti «ascrivibili a istinti di sopraffazione». Le accuse sono di concorso in violenza sessuale, riduzione in schiavitù, violenza privata aggravata dallo «stato di incapacità procurato alla vittima», pornografia minorile. Quest'ultima contestazione perché hanno appunto diffuso online le immagini delle malefatte, esibite come trofei. I filmati venivano scambiati tra i membri del gruppo e altri amici e compagni di scuola sui social e in chat, per continuare a umiliare le vittime e aumentare la loro vergogna. Due degli indagati sono inoltre accusati di una spedizione punitiva contro due 15enni, presi a pugni perché avevano osato raccontare in giro cosa aveva fatto il capobranco.
Le indagini sono partite dalle denunce di alcuni genitori. «I genitori di un ragazzino 15enne che era bersagliato da mesi dalle angherie dal gruppo di coetanei si sono decisi a denunciare, così siamo intervenuti - ha spiegato Papaleo a Pomeriggio Cinque -. Gli episodi di bullismo avvenivano più che altro nel tempo libero. I ragazzini coinvolti si conoscono perché sono vicini di casa non perché sono compagni di scuola», ha aggiunto il capitano, sottolineando che i dirigenti scolastici non si erano accorti di nulla. Anche un coetaneo di una vittima, che ha assistito ai fatti, ha raccontato tutto ai militari e ha fornito una foto delle sevizie. La baby gang entrava in azione spesso nelle stazioni ferroviarie. I ragazzini avrebbero anche danneggiato alcuni treni e nell'ottobre del 2016 un convoglio era stato costretto a fermarsi perché preso a sassate.
Il Telefono azzurro, che nel 2016 ha gestito un episodio di bullismo al giorno, chiede con il presidente Ernesto Caffo «una legge e un piano definitivo in grado di produrre interventi immediati».
Il Codacons invita gli inquirenti a indagare anche sui gruppi organizzati su Facebook che incitano all'odio. Mentre il presidente del Libero sindacato di polizia, Antonio de Lieto: «La piena responsabilità penale deve essere fissata al compimento dei 14 anni».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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