Suggestione Mister Fiat. Ma non smetterà il pullover

Il Cavaliere avrebbe pensato a lui come candidato premier ma l'ad non ama il Palazzo

Suggestione Mister Fiat. Ma non smetterà il pullover

Sergio Marchionne come Silvio Berlusconi? Cioè dal vertice di una grande azienda alla politica attiva? Per il presidente di Forza Italia potrebbe essere la soluzione ai problemi del Paese. Berlusconi, come riportato ieri da Libero, avrebbe lanciato la candidatura dell'ad di Fca nonché presidente e ad della Ferrari (ma è anche vicepresidente di Exor, membro permanente della Fondazione Giovanni Agnelli, presidente di CnhI e Sgs, consigliere di Philip Morris, ecc) alla carica di premier. E addirittura, nell'ipotetico e remoto caso che Marchionne accettasse, ecco pronta anche l'agenda di impegni: flat tax al 20%, pensioni da 1.000 euro alle mamme, abolizione del bollo per le utilitarie e i veicoli da lavoro.

Non è la prima volta che viene fatto il nome di Marchionne (classe 1952) come possibile toccasana, se non ultima spiaggia, per far svoltare il Paese. «Io faccio il metalmeccanico», la sua risposta sull'argomento. Probabilmente la prossima e annunciata uscita del top manager da Fca, con l'assemblea degli azionisti del 2019, ha spinto il Cavaliere a tastare il terreno. La reazione di Marchionne? Potrebbe aver pensato: «Chissà cosa gli è passato per la testa a Berlusconi...». E vista l'amicizia dell'ad con l'ex premier Renzi, potrebbe anche aver detto tra sé e sé: «Un dispetto a Matteo?». Oppure, preso fin dalle prime luci dell'alba da mail, conference call e conti da far quadrare, non ci ha badato più di tanto.

È difficile pensare a un uomo come Marchionne in prestito alla politica, e non solo per il fatto che si presenterebbe con il pullover nero agli incontri con primi ministri e capi di Stato. L'ad di Fca, salvo improbabili metamorfosi, non riuscirebbe a convivere né con la politica né con i politici. E se dovesse guidare un governo, lo farebbe insieme a uomini esclusivamente di sua fiducia e non «consigliati» da altri. Inoltre, la diplomazia non è il suo forte. Insomma, Marchionne sarebbe tranchant. Con il rischio di finire inesorabilmente nel tritacarne. E se il Paese ne beneficerebbe (qui Berlusconi ha visto giusto), la politica ne uscirebbe con le ossa rotte.

Il presidente di Forza Italia, per agevolarlo nel caso ci pensasse, gli ha già preparato programma e priorità. Il problema è che Marchionne è Marchionne, come Berlusconi è Berlusconi. In Fca, anche chi gli sta accanto quotidianamente, ripete di essere «all'oscuro di quello che il Capo ha in mente». Difficile, quindi, se non impossibile, che porti avanti progetti che non siano farina del suo sacco.

Ma allora cosa farà Marchionne una volta completato il suo lavoro in Fca e, nel 2021, quello alla Ferrari? Di certo si godrà poco o nulla bonus e stock option incassati. Dice sempre, scherzando, di voler far il giornalista. Potrebbe diventare un commentatore finanziario.

Ma anche un super consulente o occuparsi a tempo pieno delle altre società in cui ha un ruolo. A meno di un anno e mezzo dall'uscita da Fca, Marchionne ha però una sola preoccupazione: azzerare il debito. Poi, chiuso anche il capitolo Ferrari, vedrà.

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