La palla resta a Roberto Fico, che oggi proverà nuovamente a sondare M5s e Pd nella speranza di trovare la «quadra» e uscire finalmente dallo stallo. Passati ormai 52 giorni dal voto del 4 marzo, le possibilità di dar vita ad un esecutivo a trazione Cinque stelle con l'appoggio del Pd restano però piuttosto ridotte. Non tanto per Luigi Di Maio, che pur di arrivare a Palazzo Chigi sembra pronto a venire a patti con chiunque (che sia Matteo Salvini o Matteo Renzi non sembra cambiare molto). Né per il corpaccione del Pd, visto che il cosiddetto «club dei ministri» guidato da Dario Franceschini con lui ci sono Andrea Orlando, Roberta Pinotti, Anna Finocchiaro e ovviamente l'ex Maurizio Martina, ora reggente dei Dem è pronto a non disattendere le indicazioni del Colle. Il problema resta però Matteo Renzi, che pur tenendo pubblicamente un profilo basso, in privato non lesina critiche durissime nei confronti di Di Maio e del M5s. E siccome i voti in Parlamento della pattuglia renziana restano decisivi per dar vita ad un governo M5s-Pd, è lecito pensare che difficilmente la traversata di Fico andrà in porto.
Così fosse, Sergio Mattarella non potrebbe fare altro che tentare la via del cosiddetto esecutivo del presidente. Di fatto un governo tecnico benedetto dal Quirinale, con un programma ben delineato e una durata limitata. Una strada, però, che resta piuttosto impervia da percorrere, visto che il problema del trovare una maggioranza in Parlamento rimane. Soprattutto nel quadro attuale, così come sembra essersi cristallizzato dopo sette settimane di completa impasse. Salvini sul punto si è ben guardato dall'esprimersi pubblicamente, ma in privato non nasconde fortissime perplessità rispetto all'eventualità di sostenere un esecutivo del presidente. «Non sarebbe che un'altra formula per mascherare un governo tecnico e noi esecutivi che non rispettino il mandato degli elettori non ne appoggeremo», spiegava alcuni giorni fa Giancarlo Giorgetti ad un suo collega di partito durante un volo Fiumicino-Linate. Insomma, chi conosce le cose della Lega non esita a definire «improbabile» che Salvini si faccia coinvolgere in un esecutivo del presidente. Soprattutto ora, che i rapporti con il Colle sono ai minimi termini dopo le tensioni sulla Siria e sulla gestione della crisi. Dopo quasi due mesi in cui il segretario della Lega è stato disponibile al confronto con Di Maio, pronto a cedere le presidenze delle Camere a M5s e Forza Italia e aperto anche all'ipotesi di farsi carico di un mandato esplorativo in prima persona, non avrebbe troppa difficoltà a dire a Mattarella «no, grazie, oltre questo non posso andare». Il punto è che se Salvini imbocca questa strada, il rischio di un «effetto valanga» è altissimo. Fare opposizione ad un governo tecnico o del presidente, infatti, è lavoro non solo facile ma che porta anche consensi. Difficilmente, dunque, non solo gli alleati della Lega ma anche gli avversari gli lasceranno campo libero. Silvio Berlusconi, per esempio, pur sostenendo la necessità di un esecutivo che stabilizzi il Paese, ancora ieri dal Friuli ragionava su due opzioni: o un incarico al centrodestra per cercare i voti che mancano a formare un governo in Parlamento oppure elezioni anticipate. Pubblicamente, insomma, l'ipotesi del governo tecnico non è considerata. In privato, invece, il ragionamento è più complesso. Il leader di Forza Italia, infatti, sa bene che qualora dovesse sfilarsi Salvini è altamente probabile che faccia la stessa cosa anche Fratelli d'Italia, visto che Giorgia Meloni non ha mai fatto mistero di non gradire «soluzioni pasticciate e non chiare». A quel punto anche Berlusconi farebbe fatica a non ribaltare il tavolo. Per non parlare del M5s.
È vero che Di Maio è molto sensibile alle sirene del Quirinale, ma il punto è che non è solo lui a decidere delle sorti del Movimento. Tutt'altro. E cosa ne penseranno nello studio milanese della Casaleggio Associati di un governo del presidente senza Lega, Fdi e magari con Forza Italia alla finestra?- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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