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Scontro sull'immigrazione. Così la Svizzera scarica l'Ue sulla libera circolazione

I temi migratori alla base della rottura delle trattative tra la Svizzera e l'Unione europea volte a regolare i rapporti tra le due parti

Scontro sull'immigrazione. Così la Svizzera scarica l'Ue sulla libera circolazione

Non è una Brexit, perché non è uscito alcun Paese dall'Ue, ma poco ci manca. La Svizzera il 26 maggio ha deciso infatti di interrompere un vitale negoziato con Bruxelles che andava avanti da ben sette anni. I motivi sono da ricercare nello spauracchio della cessione di sovranità da parte elvetica su alcuni temi considerati fondamentali. Tra questi anche quelli relativi alla gestione dell'immigrazione.

La fine delle trattative

Come si sa la Svizzera non è parte dell'Ue. I rapporti tra il governo federale elvetico e la commissione europea sono però regolati da specifici accordi e Berna in alcuni casi ha aderito a trattati in vigore anche nel territorio comunitario, come ad esempio a riguardo del trattato di Schengen.

Gli accordi specifici però non hanno mai garantito stabilità nelle relazioni tra le due parti. Per questo nel 2014 era stato avviato un negoziato tra le autorità svizzere e quelle comunitarie. L'obiettivo era giungere, nel giro di pochi anni, a un trattato più complessivo capace di regolarizzare tutte le varie tematiche più spinose.

A cominciare dall'adesione della Svizzera al mercato comune europeo. Una circostanza quest'ultima che non tocca soltanto la sfera economica. Avere dei rapporti privilegiati con un'area di libero scambio, quale quella europea, vuol dire anche orientare le proprie normative verso una maggiore libertà di circolazione di mezzi e persone. Ed è qui che gli svizzeri hanno fiutato qualcosa che non andava.

Quanto alla libera circolazione dei cittadini Ue, il governo svizzero ha chiesto, ma non ottenuto, che l'accettazione della direttiva europea in materia fosse accompagnata da alcune eccezioni – si legge in un comunicato di Guy Parmelin, capo del consiglio federale svizzero – senza le quali c'è il rischio che i diritti delle persone che beneficiano della libera circolazione siano estesi, con possibili ripercussioni anche sui costi dell'assistenza sociale”.

Il riferimento è alla gestione del fenomeno migratorio: “Il recepimento integrale – continua infatti la nota – equivarrebbe di fatto a un cambio di paradigma della politica migratoria, che gode di ampia accettazione tra la popolazione e i Cantoni”.

In poche parole, se la Svizzera avesse recepito senza eccezioni le normative europee sulla libera circolazione, allora avrebbe dovuto attuare le stesse politiche migratorie in vigore nel territorio comunitario. E quindi aprire i propri confini anche ai migranti regolari oppure a quelli irregolari, se a Bruxelles dovesse passare la linea della ricollocazione obbligatoria per chi sbarca nei Paesi di primo approdo.

Da qui il rifiuto della Svizzera di andare avanti con le trattative, abbandonando il tavolo di negoziato con l'Ue. Ovviamente a pesare su questa scelta non ci sono soltanto le politiche migratorie. Berna infatti vuole mantenere i paletti anche sulla libertà di circolazione dei cittadini Ue provenienti da Paesi a basso reddito. Il concetto espresso dalle autorità elvetiche è molto chiaro: senza il controllo sulla libertà di circolazione, il rischio è quello di pagare dei costi sociali ed economici molto importanti.

Nuovo colpo all'Ue

Sotto il profilo politico, per Bruxelles si tratta di un'altra importante sconfitta. Su ItaliaOggi, Tino Oldani la paragona alla Brexit. David Carretta su Il Foglio non fa mistero del fatto che il divorzio con Londra possa aver pesato sulla scelta odierna del governo svizzero. Un altro Paese, seppur non membro, ha deciso di non cedere la sovranità soprattutto su temi ritenuti di interesse nazionale.

Segno di come la scia del referendum inglese del 2016 è ancora ben presente all'interno dell'opinione pubblica dell'intero Vecchio Continente.

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