Beirut - Dopo otto giorni di combattimenti feroci, centinaia di morti, compresi 72 civili, nel Nord-Est della Siria è arrivata una tregua che fino alle nove di ieri sera sembrava impossibile. Dopo due ore di colloquio tesissime, il vicepresidente americano Mike Pence e il leader turco Recep Tayyip Erdogan hanno raggiunto un accordo per «un cessate il fuoco di 120 ore». Gli Stati Uniti favoriranno l'evacuazione dei combattenti curdi dalla zona di sicurezza concordata con Ankara. Dopodiché comincerà il ritiro turco. Quando la tregua sarà diventata permanente Donald Trump revocherà le sanzioni contro la Turchia. «Buone notizie dalla Turchia - ha twittato Trump, annunciando la conferenza stampa di Pence e il segretario di Stato, Mike Pompeo ad Ankara -. Grazie Erdogan, milioni di vite saranno risparmiate». In base all'accordo la Turchia otterrà una zona di sicurezza concordata con gli Usa di circa 32 km oltre il confine con la Siria.
È un sospiro di sollievo sia per Washington che per Ankara. L'incursione militare della Turchia aveva approfondito la spaccatura tra i due alleati della Nato. La delegazione americana, che includeva anche Robert O'Brien, il consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, ha cercato secondo diversi analisti di riparare i danni che Trump ha causato quando ritirando le truppe americane dalla Siria nord-orientale ha in sostanza dato il via libera all'azione di Ankara. Un'azione condotta anche da milizie arabo-sunnite senza scrupoli, colpevoli di esecuzioni sommarie e forse anche di peggio, perché ieri i curdi hanno accusato la Turchia di usare armi chimiche, in particolare «fosforo e napalm». Ankara ha negato. In un servizio video dell'agenzia Hawar si vedono in un ospedale alcuni bambini ricoverati con gravi ferite da ustioni sospette. Il portavoce curdo invita «le organizzazioni internazionali a inviare le loro squadre per investigare». Ma la risposta di Ankara alle accuse ha ribaltato la prospettiva. «L'esercito turco non ha armi chimiche nel suo inventario. Le milizie curde usano armi chimiche per poi accusare la Turchia», ha affermato il ministro della difesa turco Hulusi Akar.
Anche l'Italia ha lavorato con la diplomazia internazionale per fermare l'offensiva turca. Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha avuto un colloquio telefonico con Erdogan. Nella conversazione durata oltre un'ora, e secondo fonti di palazzo Chigi «non sono mancati momenti di forte tensione». Nel frattempo, sulle dinamiche precedenti l'attacco turco sono venuti fuori altri particolari. Il 9 ottobre Trump aveva tentato di dissuadere Erdogan dal lanciare l'offensiva, inviandogli una lettera. «Non fare il duro» o «non fare lo scemo», "lavoriamo a un buon accordo. Tu non vuoi essere responsabile del massacro di migliaia di persone, e io non voglio essere il responsabile della distruzione dell'economia turca», ha scritto Trump a Erdogan. La lettera rivela il quotidiano turco Hurriyet era stata «gettata nella spazzatura» dal leader turco.
Anche ieri sono continuate le operazioni sul terreno, ma senza grandi novità. Ci sono stati scontri attorno alla città di confine di Ras al Ain. E la televisione libanese al-Mayadeen ha riportato che le forze siriane appoggiate da Mosca hanno anche istituito avamposti a Raqqa, la ex capitale del Califfato. La tv al-Manar dell'Hezbollah libanese ha fatto sapere dalla base aerea militare di Tabqa che anche in quella zona le truppe governative siriane sono avanzate. Molti analisti prima del cessate il fuoco mediato dagli Stati Uniti erano preoccupati che la spaccatura sulla Siria avrebbe potuto riportare le relazioni tra Stati Uniti e Turchia al livello della metà degli anni 70.
Quando Washington ha imposto un embargo sulle armi Ankara dopo che le forze turche avevano occupato un terzo di Cipro. Ieri in serata si sono riaccese le speranze. Soprattutto per le decine di civili uccisi nelle operazioni turche e gli almeno 160.000 in fuga dalle loro case a causa dei bombardamenti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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