Taglio dei parlamentari. Il referendum il 29 marzo allontana il voto anticipato

Fissata la data della consultazione. Se vince il Sì vanno ridisegnati i collegi elettorali

Taglio dei parlamentari. Il referendum il 29 marzo allontana il voto anticipato

La data fissata dal consiglio dei ministri per il referendum costituzionale sulla riduzione del numero dei parlamentari è il 29 marzo, ovvero tra sessanta giorni. «Il referendum non mi preoccupa, è una possibilità per i cittadini di pronunciarsi su una riforma costituzionale. Non vedo connessioni o interferenze» con l'operato del governo, dice il presidente del consiglio, Giuseppe Conte, a Otto e mezzo su La7. All'indomani dell'esito del voto in Emilia Romagna, il premier tenta di sminare un futuro spettro che avanza sul calendario del governo: «Siamo fiduciosi che ci sarà un ampio schieramento di cittadini» favorevoli. La tentazione di politicizzare il voto serpeggia già tra i Cinque stelle, con il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Riccardo Fraccaro che annuncia una battaglia di piazza per «una grande pagina di democrazia». La speranza è di recuperare i consensi perduti tra gli elettori con una battaglia ritenuta popolare.

Ma a dire il vero i referendum costituzionali per tradizione non hanno portato fortuna ai governi in carica: sono state bocciate ai seggi sia la riforma della Carta del governo Berlusconi nel 2006 che quella del governo Renzi nel 2016. Per restare in tempi recenti, Renzi si era molto speso per la cosiddetta riforma Boschi, al punto da dimettersi quando hanno vinto i «no». Entrambe le proposte prevedevano una riduzione del numero dei parlamentari, benché in un contesto generale più ampio. In questo caso gli elettori saranno chiamati a decidere soltanto se confermare o no la riduzione del numero dei parlamentari, senza che vi siano altri interventi a bilanciare il taglio. La contestazione principale di coloro che hanno firmato per il referendum è che si tratterebbe semplicemente di un'ulteriore riduzione della rappresentanza elettorale dei cittadini, a fronte di un risparmio praticamente simbolico per le casse dello Stato.

La proposta di legge costituzionale prevede una drastica riduzione del numero dei parlamentari, che diventerebbero in totale 600 da 945: modificando gli articoli 56 e 57 della Costituzione, si passerebbe dagli attuali 630 a 400 deputati e dagli attuali 315 a 200 senatori. A questi parlamentari vanno aggiunti i senatori a vita (al massimo 5 secondo le più recenti interpretazioni) e i senatori di diritto a vita, cioè i presidenti emeriti della Repubblica. E se dovessero vincere i Sì, come è molto probabile, i collegi andranno ridisegnati anche a legge elettorale invariata. Il che allunga la vita al Parlamento attualmente in carica.

La Camera dei deputati nella seduta dell'8 ottobre 2019, aveva approvato in via definitiva, in seconda deliberazione, le «Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari», già approvate, in seconda deliberazione, dal Senato l'11 luglio 2019. Quattro passaggi parlamentari che però nel secondo passaggio al Senato non avevano ottenuto il quorum dei due terzi necessario per evitare il referendum.

Proprio dai senatori è poi arrivata la richiesta di sottoporre la questione al popolo, a cui la Corte di Cassazione ha dato il via libera. Il gruppo decisamente più nutrito di proponenti appartiene a Fi (41 senatori), ma hanno firmato anche esponenti di Pd, M5s e Lega.

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