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"Tanto spazio a ultimi e migranti ma Cristo non è solo per loro"

Don Nicola Bux, collaboratore dei dicasteri vaticani: «Parliamo più di Gesù e meno dei problemi del mondo»

"Tanto spazio a ultimi e migranti ma Cristo non è solo per loro"

La Chiesa da sempre aiuta gli ultimi, ma la Chiesa non è venuta solo per loro. Dice proprio cosi don Nicola Bux, per lunghi anni collaboratore di molti dicasteri vaticani: «Gesù nei Vangeli spiega un concetto che oggi si tende a dimenticare: I poveri li avrete sempre, Cristo no».

Don Nicola non ama le polemiche, ma sullo sfondo si intravede la Chiesa ai tempi di Francesco.

La via crucis in cui si dedica molto spazio, quasi tutto, agli ultimi, ai migranti, ai disperati del mondo. È normale, si è sempre fatto così nella liturgia solenne del Venerdì Santo, ma Bux mette in guardia da una deriva che sembra talvolta travolgere certezze consolidate: «La Chiesa dovrebbe parlare di più del suo fondatore e meno dei problemi, pure gravissimi, che assillano il mondo. Non è questione di sottovalutare le piaghe e le emergenze che ci affliggono, ci mancherebbe, ma di collocarle nella giusta prospettiva».

E invece si ascoltano spesso messaggi che, se non codificati correttamente, possono essere fraintesi. «Anche la più alta forma di carità - riprende il sacerdote - se non trova la sua origine in Cristo è inutile. Voglio dire che gli apostoli non si occupavano di risolvere i problemi legati alla giustizia sociale, alla povertà, all'ecologia o a altro. Certo, aiutavano, condividevano e giudicavano tutto quello che incontravano, ma a partire da Cristo».

Senza imbarazzi e reticenze con annesse polemiche, perfino sulla tempistica del Papa nello stigmatizzare le ultime stragi avvenute nello Sri Lanka.

Insomma, per don Nicola chi guida il gregge dovrebbe preoccuparsi più dell'essenziale e meno di tutto quello che viene dopo, anche se è importantissimo. «Ecco perché sottolineavo quell'espressione di Gesù: Me non mi avrete per sempre, i poveri invece sì. Non si può cercare un alibi nelle cose del mondo, per mettere in secondo piano quel che più ci sta a cuore». Il prete fa un altro esempio per chiarire il suo pensiero: «Gesù non ha mai speso una parola sull'Impero Romano e allora i Romani dominavano il mondo. Ma lui ha parlato di altro». Con parole che toccavano nel profondo, il padrone e lo schiavo, la vedova e il centurione. Trasversali ai gruppi etnici, alle divisioni per caste, a tutte le faglie che attraversava o spaccavano la società.

«Va molto di moda oggi - punge ancora don Nicola - dire no ai muri e costruire i ponti. Perfetto, ma questo che cosa vuol dire?».

Domanda che presuppone una risposta netta: «Significa ancora una volta riempire il tempo e lo spazio con Gesù Cristo. Non con le geremiadi sui mali, le sciagure e le disgrazie che ci attanagliano». O il dialogo a tutti i costi. Certo, non sarebbe cristiano e nemmeno umano voltarsi dall'altra parte e mostrare indifferenza dove ci sono disagio, dolore, morte. Ma quel che accade, in tutta la sua tragicità, non può nemmeno sottrarci al compito decisivo. E il sacerdote torna al nocciolo delle sue preoccupazioni: «Oggi si parla troppo di tutto nella Chiesa eccetto che di Cristo. E così si perde l'orizzonte della missione che la Chiesa è chiamata a svolgere: portare gli uomini alla conversione. Il resto conta di meno e comunque Gesù non è venuto su questa terra anzitutto per affrontare le immani tragedie che ci assediano: la fame, le malattie, l'inquinamento. Certo, soffriva e piangeva come tutti gli uomini per le troppe sventure dell'umanità. Ma ci ha insegnato una verità più alta. Noi sappiamo che più si mette l'accento sul mistero, più i cristiani possono contribuire ad affrontare tutte queste ferite aperte».

Per questo ci vuole una gerarchia nel modo di ragione e di entrare nelle vicende umane. «Io non devo certo insegnare al Papa quel che il Papa deve dire - riflette il pastore - ma ogni cristiano può fare le sue osservazioni».

Così, don Nicola lancia il suo ultimo grido di allarme: «Si è molto attaccato nei giorni scorsi Papa Ratzinger per il documento che ha scritto sulla crisi della Chiesa e la pedofilia. Ma io credo che Benedetto abbia solo avviato una riflessione su alcuni temi già noti. Ha posto al centro della scena il fatto di Cristo. La distinzione fra tradizionalisti e progressisti non tiene. Ecco, ci sono i cattolici autentici, che si abbeverano alle fonti sempre fresche della tradizione, e i modernisti che piegano i Vangeli alle mode.

Noi dobbiamo diffidare delle mode».

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