Tasse, volano gli stracci Salvini a Tria: "O io o lui se rinvia lo choc fiscale"

Scontro nel governo sulla flat tax, la Lega va all'attacco ma Di Maio difende il Tesoro

Tasse, volano gli stracci Salvini a Tria: "O io o lui se rinvia lo choc fiscale"

La ricetta è semplice: trovare ogni giorno un nuovo nemico su cui sparare ad alzo zero per restare sulla scena. Più il nemico è debole, più facile risulta il tirassegno: così nelle ultime 48 ore Matteo Salvini ha rinunciato a prendersela con il premier, e ha ripiegato sul più isolato Giovanni Tria.

Con il suo sparring partner Luigi Di Maio che, nella parte del poliziotto buono, si occupa di difendere il ministro e di criticare le richieste propagandistiche della Lega (flat tax) per promuovere le proprie (salario minimo), a loro volta irrise da Salvini.

Oggetto del teatrale scontro: la prossima manovra di fine anno, con il titolare dell'Economia che non sa dove cominciare a trovare i quattrini per far fronte ai colossali impegni già presi (a cominciare dalla sterilizzazione delle clausole di salvaguardia sull'Iva) e il capo leghista che reclama fiumi di miliardi che non ci sono per uno «choc fiscale». Altrimenti «Tria non sarà più il nostro ministro», ha tuonato giovedì sera in quel di Golasecca, durante un comizio. E ieri, dai microfoni di Radio 24, è tornato alla carica: «Se il ministro dell'Economia del mio governo dice che di taglio delle tasse non se ne parla, o il problema sono io o è lui. Se qualcuno ha dubbi o paure, basta dirlo: ma allora quel qualcuno è fuori posto. Cosa faccio, una manovra economica all'acqua di rose?», dice il ministro dell'Interno.

Un chiaro ultimatum davanti alle cautele di Tria, che aveva avvertito che di flat tax «nel senso di unico scaglione» per ora non si può proprio parlare, e che al massimo si può andare verso una progressiva «riduzione» degli scaglioni. Salvini fa l'indignato: «L'Italia ha bisogno di uno choc fiscale», proclama, altro che mezze misure: «Non possiamo più accontentarci di crescere dello zero virgola. Dobbiamo dare ossigeno agli imprenditori, che sono quelli - aggiunge con una frecciata ai grillini - che dovrebbero pagare il salario minimo. Tagliare tasse e burocrazia serve alle imprese».

In soccorso del ministro dell'Economia, messo nel mirino salviniano, accorre pronto Di Maio e annuncia: «Ho piena fiducia in Giuseppe e Giovanni» (che non sono i colleghi di Aldo e Giacomo). Poi lo statista di Pomigliano mostra di dolersi delle intemperanze del collega leghista: «Sono ore in cui si dice che si stia perdendo fiducia nel ministro dell'Economia e nel premier. Dico che questo non fa bene al Paese, hanno portato avanti trattative complesse con l'Ue, scongiurato procedure, abbiamo spread basso anche grazie al loro lavoro (sempre di Giovanni e Giuseppe, ndr)».

Il litigio di giornata tra vicepremier è così assicurato, e i titoli di prima pagina pure e soprattutto, vero obiettivo dei due, il memento a Conte: siamo noi che comandiamo, non tu. Gigino provoca: la flat tax? «Per me è ancora un mistero. Non ho ancora visto le coperture, lo dico col massimo della cooperazione. Si parlava di flat tax volontaria e non ho capito cosa significhi. Secondo me comunque servono più del triplo di quattro miliardi per farla». Poi rivela: «Io intanto lavoro sul cuneo fiscale, per bilanciare il salario minimo».

Con la prontezza di riflessi di Sandra Mondaini in «Casa Vianello», Salvini rimbecca il collega grillino: «Di Maio dice che la flat tax è un mistero? Portiamo pazienza. Mi sono dotato di un'enorme pazienza, anche con Tria, ma di certo la Lega non voterà una manovra timida e da pochi spiccioli.

La Lega sta al governo se possiamo tagliare le tasse ai cittadini». Poi avverte: «Ce lo dicano: se la squadra è compatta si va avanti, altrimenti non scaldo la poltrona. E un parere lo chiederemo non a Tria ma a voi», intesi come elettori.

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