Cronache

Bielorussia, regime e rapimenti. Lo "scudo umano" per la Nobel

Con una telefonata ha avvertito della presenza di uomini col volto coperto fuori dalla sua abitazione

Bielorussia, regime e rapimenti. Lo "scudo umano" per la Nobel

Una sfilza di rapimenti di regime. Tentativi, più o meno riusciti, di costringere gli avversari a lasciare il Paese, destinazione Ucraina, se possibile facendo passare l'espatrio forzato come una fuga, per gettare discredito sugli avversari. In cima alle priorità un solo obiettivo: azzerare l'opposizione. Uno scopo che ieri è stato sfiorato a Minsk, quando uomini mascherati hanno tentato di far irruzione nell'abitazione di Svetlana Alexievich, la scrittrice premio Nobel, verso la quale sono andati in soccorso diplomatici europei, facendole da scudo umano.

Mentre l'Unione Europea si appresta a varare sanzioni contro la Bielorussia entro una decina di giorni, con molta probabilità senza colpire direttamente Aleksander Lukashenko per lasciare qualche spiraglio a una soluzione «negoziata» della crisi, il presidente-dittatore della Bielorussia se ne infischia di diritti umani e modi felpati e non fa passare giorno senza colpire l'opposizione, ormai decimata.

Uomini mascherati ieri hanno fermato e fatto sparire in un luogo sconosciuto Maxim Znak, l'uomo che ha lavorato come legale di Viktor Babaryko, il candidato alle presidenziali che al voto non è mai arrivato, perché dopo l'arresto le autorità bielorusse gli hanno vietato pure di partecipare alle elezioni per «illeciti finanziari». Prima di essere trascinato via, l'avvocato Znak ha fatto in tempo ad avvertire con un messaggio tronco: «Maschere». E tutti hanno capito.

Ma ieri è stato anche il giorno del tentativo più ambizioso per il regime: sbarazzarsi di Svetlana Alexievich, la giornalista e scrittrice premio Nobel, che ha fatto appena in tempo a denunciare l'aggirarsi di uomini a volto coperto attorno alla sua casa. Per evitare l'ennesimo rapimento di regime, nell'abitazione della scrittrice si sono precipitati diplomatici tedeschi, romeni, lituani, polacchi e il numero due dell'ambasciata svedese. Una barriera umana, che ha impedito di portare a compimento il lavoro sporco. E chiarire una volta per tutte, per bocca della stessa Alexievich: «Non voglio lasciare il Paese». Se succederà - è il senso - non sarà per mia volontà.

Nel frattempo - ed ecco un altro rapimento di regime - si scopre che Maria Koleshnikova, l'oppositrice rimasta in Bielorussia dopo le elezioni, è in carcere a Minsk. Della leader anti-Lukashenko si erano perse le tracce lunedì, quando uomini a volto coperto l'avevano caricata a forza su un furgone, nel centro della capitale, per portarla in una destinazione sconosciuta. Ora sappiamo che la polizia l'ha trascinata al confine con l'Ucraina, per costringerla a lasciare il Paese. Ma la musicista con la passione del flauto e della politica si è sempre rifiutata di abbandonare la Bielorussia, sventolando il suo «no» come un manifesto di resistenza anti-regime. In un gesto simbolico e disperato, ha strappato il suo passaporto. Alla fine è stata arrestata. Ora è in carcere con un'accusa da contrappasso: tentativo illegale di lasciare il Paese.

Nonostante la spietata strategia del dittatore bielorusso sia ormai sotto gli occhi del mondo, Lukashenko accenna a un vago futuro multipartitico nella prima intervista ai media filorussi dopo le proteste antiregime. Ma basta poco a fargli cambiare registro: «È probabile che io abbia occupato la poltrona presidenziale troppo a lungo - ammette - Ma non lascerò che tutto ciò che abbiamo creato per la gente venga distrutto dall'opposizione».

Il 21 settembre la Ue dovrebbe approvare sanzioni ai danni di 31 esponenti del regime, tra cui il ministro dell'Interno bielorusso. Divieto di ingresso nell'Unione e congelamento dei beni. Gli Usa confermano di voler procedere lungo lo stesso sentiero.

Tranne Polonia e Paesi Baltici, gli altri Paesi europei - Italia inclusa - frenano perché venga colpito direttamente Lukashenko. Funzionerà?

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