Telefonate tra la Ong e gli scafisti. Caccia ai contatti nei satellitari

Per i pm l'equipaggio comunicava con i trafficanti di uomini. L'ipotesi: qualcuno avrebbe finanziato i viaggi verso l'Italia

Telefonate tra la Ong e gli scafisti. Caccia ai contatti nei satellitari

I contatti tra gli scafisti e il personale di bordo della Vos Hestia, la nave di Save the children perquisita l'altro ieri dai poliziotti dello Sco su ordine della Procura di Trapani ci sarebbero stati eccome. È su questo filone che gli inquirenti stanno indagando per venire a capo di quella che, ormai, appare come una evidente fitta rete di legami tra alcune Ong e i trafficanti di esseri umani. Dai magistrati siciliani non trapelano informazioni, ma da quanto si apprende da ambienti vicini alla Procura quel fascicolo, aperto mesi fa e iniziato con il sequestro della nave Iuventa della tedesca Jugent Rettet, contiene ormai la conferma dei comportamenti scorretti da parte di alcune organizzazioni non governative. D'altronde il sequestro di materiale dalla nave viene ritenuto, dai pm Antonio Sgarrella e Andrea Tarondo, «indispensabili al fine di accertare le modalità di acquisizione delle notizie relative alle partenze dalle coste libiche delle imbarcazioni», oltre che di «individuare gli apparecchi utilizzati per le comunicazioni con soggetti che gestiscono il traffico di migranti in territorio libico». Si spera, soprattutto, di reperire informazioni dal satellitare e dal cellulare che erano in uso al team leader della Vos Hestia, per risalire a possibili contatti con gli scafisti. Sotto la lente d'ingrandimento sono soprattutto le conversazioni, anche internet, avvenute tra alcuni soggetti che lavorano per le Ong e i malviventi che dalla Libia inviano i migranti verso l'Italia. I contatti sarebbero avvenuti attraverso la rete, passando dai siti internet su cui chi organizza i viaggi della speranza dà indicazioni precise. C'è un punto, in particolare, che interessa chi sta investigando. Alcuni migranti avrebbero riferito, infatti, che il loro viaggio verso il Bel Paese «è stato pagato da qualcuno dall'Italia». Ed è proprio su questo focus che si sta lavorando. Perché i membri dell'equipaggio della Vos Hestia ricevevano un incentivo per ogni natante recuperato? Chi aveva interesse a far sì che gli immigrati raggiungessero le nostre coste? Cosa certa è che gli stessi organizzatori dei viaggi dalla Libia prima, dalla Tunisia e dall'Algeria adesso, hanno confermato a più riprese i legami.

Fummo noi del Giornale, a febbraio scorso, a chiamare uno scafista per «farci organizzare il viaggio». Al nostro contatto arabo rispose di «stare tranquilli» perché ci sarebbero venute a prendere «le navi delle missioni». Nei giorni scorsi abbiamo ripetuto l'esperimento. L'uomo dall'altra parte del telefono ha ammesso che le partenze si sono spostate ad «Al Khums», perché da «Tripoli è impossibile prende il mare». E ci ha detto senza mezzi termini che «è tutto organizzato, non ci sono problemi».

Insomma, nonostante Save the children abbia annunciato l'altro ieri la sospensione delle operazioni di soccorso a causa della «riduzione del flusso di migranti che tentano di attraversare il Mediterraneo», l'indagine sulle Ong, tanto cara al procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro, al quale all'inizio in pochi hanno creduto, va avanti.

Le «condotte illecite relative a terze persone» di cui parla Save the children nel suo comunicato, in realtà, secondo indiscrezioni riguarderebbe qualcuno che sulla

Vos Hestia ha lavorato per un po' di tempo. Qualcuno che quei contatti con gli scafisti li ha mantenuti e portati avanti. Forse con la complicità di chi aveva interesse a far sì che si recuperassero più migranti possibile.

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