Roma - C'è padre e padre, e Tiziano Renzi non ci sta proprio. Dopo due giorni di indebiti ma gettonatissimi paralleli tra lui e il Di Maio senior, il padre dell'ex premier sbotta: «Chiedo cortesemente di non essere accostato a personaggi come il signor Antonio Di Maio».
E spiega, senza peli sulla lingua, perché la sua vicenda (che peraltro vede vittima babbo Renzi di un depistaggio che aveva nel mirino il figlio premier, condannati i suoi calunniatori e una richiesta di archiviazione per lui) non abbia alcun punto di contatto con quella del papà di Gigino: «Io non ho mai avuto incidenti sul lavoro in azienda, e se si fossero verificati mi sarei preoccupato di curare il ferito nel miglior ospedale, non di nascondere il problema. Non ho capannoni abusivi, non ho dipendenti in nero, non dichiaro 88 euro di tasse. Aggiungo che sono agli antipodi dall'esperienza politica missina. L'ultima cosa che voglio è vedere il mio nome accostato a personaggi che non conosco ma che da quel che vedo hanno un'idea di lavoro opposta alla mia». E sottolinea: «Se avessi fatto io ciò che ha fatto il signor Di Maio, i Cinque Stelle avrebbero già chiesto sui social la pena di morte». Ipotesi assai fondata. Ma poiché, in questo frangente, il babbo in questione si chiama Di Maio e non Renzi, i grillini sono intenti ad arrampicarsi sugli specchi per giustificare la brutta storia di lavoro nero che ha coinvolto la famiglia del ministro del Lavoro. Il quale, solo pochi mesi fa, portava proprio il genitore e la sua impresa come caso esemplare da imitare: «Mio padre è imprenditore, ma si sente dipendente e i suoi dipendenti si sono sempre sentiti imprenditori». E in effetti, secondo la storia scovata da Le Iene, del dipendente non avevano né il contratto né le tutele. Matteo Renzi torna sulla vicenda, ammonendo: «Chi di fango ferisce, di fango perisce». E ricorda: «Mio padre nei momenti di difficoltà, quando tutti lo accusavano, non voleva scendere dalla macchina in autogrill nemmeno per andare in bagno. Per uno onesto sentirsi colpevolizzato fa male». E al vicepremier, che ora si difende dicendo che «le colpe dei padri non ricadono sui figli», replica: «Ne sono convinto. Ma lo dico da sempre, a differenza di lui che se ne è accorto solo adesso». Invece il M5s, sottolinea, «ha ucciso la civiltà del confronto, insegnando a odiare». Ora non vanno «ripagati con la stessa moneta», ma almeno «si scusino con mio padre e con chi hanno contribuito a rovinare».
Anche Maria Elena Boschi, in un videomessaggio, si rivolge al Di Maio senior per ricordare quanto faccia «schifo il fango» gettato addosso ai propri familiari. Anche qui c'è di mezzo un padre, quel Pierluigi Boschi finito nella bufera per Banca Etruria (ma finora le sue vicende giudiziarie sono state tutte archiviate): «Vorrei poterlo guardare negli occhi e dirgli caro signor Di Maio, le auguro di non vivere mai quello che suo figlio e gli amici di suo figlio hanno fatto vivere a mio padre e alla mia famiglia», dice la Boschi.
«Mio padre - ricorda - è stato tirato in mezzo ad una vicenda più grande di lui per il cognome che porta e trascinato nel fango dalla campagna creata da suo figlio e dagli amici di suo figlio. Le auguro di dormire sonni tranquilli, e di non sapere mai cos'è il sentimento di odio che è stato scaricato addosso a me e ai miei».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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