Milano - L'investitura non è ufficiale ma è tutta negli ammiccamenti e nelle mezze parole. «Grazie di cuore Beppe, non posso dire oltre per noti motivi» butta lì il premier, con sorriso istrionico, sul palco del Piccolo Teatro davanti ad una platea che passa ai raggi X ogni sua parola per carpirne le intenzioni su Milano. Poi ancora una strizzatina d'occhio: cita una poesia di Chesterton, consigliata a tutti gli amministratori presenti in sala, e quando passa ad elencare i sindaci (c'è Pisapia, c'è Fassino) si ferma un'altra volta, con sapienza teatrale, perché vorrebbe mettercene dentro un altro ma ancora non può. Giuseppe Sala, l'uomo del successo Expo e il candidato che Renzi vuole per il Pd a Milano, si gode la gag e resta in attesa. Lui ha fatto già la sua mossa, in tv da Fazio (intervista celebrativa come poche), annunciando la disponibilità a candidarsi a Milano, anche se «da qui a dire che si può fare c'è di mezzo qualche settimana di lavoro». Il segretario Pd non ha ancora affrontato personalmente la pratica, finora affidata al ministro Martina e altri emissari che trattano le condizioni con Sala. L'obiettivo è sfruttare la scia del «trionfo Expo» e vincere a Milano. Tra i ringraziamenti per l'«impresa riuscita», Renzi ne infila anche uno, insolito, anche per le toghe: «Voglio ringraziare i magistrati di Milano, per il rispetto rigoroso della legge ma anche del sistema istituzionale». Insomma meno male che non avete sganciato inchieste bomba e fatto piovere avvisi di garanzia su Expo durante il semestre (proprio ieri il Giornale ha raccontato di un'indagine su Sala aperta e subito archiviata dalla Procura di Milano).
Arrivato a Milano per disegnare il futuro dell'ex area Expo, il premier offre al suo «quasi candidato» Sala un trampolino di lancio lastricato d'oro, buttando sul piatto 1,5 miliardi di euro governativi (150 milioni l'anno, per dieci anni) e un progetto che suona già come un programma elettorale, scritto dal segretario Pd in persona. Il nome scelto da Renzi è «Human Technopole Italia 2040» ovvero una Silicon Valley milanese che Renzi sogna come «un grande centro di ricerca mondiale sulla genomica, il big data, la nutrizione, il cibo, l'eco-sostenibilità», qualcosa che sia «the best» dice citando quel che gli ha detto a pranzo (dallo chef stellato Cracco) Tim Cook, il numero uno di Apple. Questo polo di eccellenza scientifica, che «darà lavoro a 1.600 persone», avrà una regia non milanese ma genovese, quella dell'Istituto Italiano di Tecnologia con sede appunto a Genova. E perciò Renzi avverte gli amministratori locali e i rettori delle università milanesi (che borbottano sentendosi snobbati) che il governo mette i soldi, e il governo decide: «Siamo in condizione di accettare ogni suggerimento ma l'unica cosa che non sono disposto a fare è lasciare questo progetto in mano ai campanilismi». Un messaggio anche per Sala: se vinci, tu fai il sindaco ma comando sempre io.
Renzi è pronto a staccare il primo assegno, promette, già nel consiglio dei ministri di venerdì. «Lo spazio per fare un capolavoro c'è tutto, a noi il compito di non sciuparlo». E per dare l'idea dell'ambizione che guarda avanti fino al 2040, tira fuori, da sotto il palchetto, una serie di oggetti di 25 anni fa (fatti recuperare stressando il suo staff il giorno prima): un vecchio walkman, un telefonino grande come un citofono, un volume dell'enciclopedia I Quindici. Anche da qui si capisce che l'orizzonte che si dà Renzi è quello, almeno un ventennio. Di mezzo ci saranno le elezioni, per prime le amministrative, che Renzi non nasconde di temere.
Su Roma, partita molto difficile per il Pd, Renzi propone «una moratoria delle polemiche, per 6 mesi niente polemiche, mettiamoci al lavoro». A Milano, invece, il Pd parla eccome, soprattutto con Ncd, per portare insieme Sala a Palazzo Marino.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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