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Emilia, torna il business dei migranti. E riapre centro chiuso da Salvini

A Bologna sta per riaprire il centro Mattei, chiuso dall'ex ministro Matteo Salvini, mentre nel ferrarese i cittadini promettono barricate contro l'apertura di una nuova struttura d'accoglienza

Emilia, torna il business dei migranti. E riapre centro chiuso da Salvini

In Emilia il tema dell’immigrazione è tornato alla ribalta: qui ovviamente non ci sono gli sbarchi, ma ci sono parecchi centri di accoglienza.

Secondo i dati del Viminale, subito dopo la Lombardia l’Emilia Romagna è la regione italiana che ospita il maggior numeri di migranti nei centri d’accoglienza: in questo 2019, fino allo scorso 15 settembre, nei vari centri sparsi lungo il territorio emiliano ci sono in totale 7.528 migranti.

Ecco perché il tema da queste parti fa parecchio rumore. Negli anni più difficili dell’emergenza immigrazione, sono sorte sia nelle città più importanti che nei piccoli centri decine di strutture di accoglienza gestite in buona parte da cooperative ed associazioni. L’eredità di quel periodo la si riscontra nei numeri sopra riportati: non c’è una provincia in questa regione che non abbia al suo interno la presenza di un numero importante di centri.

Oggi a far discutere sono soprattutto due situazioni: una nel capoluogo, a Bologna, l’altra invece in una piccola frazione di Ferrara, precisamente a Ravalle.

Nel primo caso a tornare alla ribalta è il centro “Mattei”: si tratta di una struttura oggetto negli anni passati di molte attenzioni politiche. Il segretario della Lega Matteo Salvini ha più volte denunciato, facendo leva sul malcontento di molti abitanti del quartiere circostante, le situazioni di criticità del centro in questione. Dall’altro lato, associazioni e mondo del volontariato ha sempre difeso l’esistenza del Mattei (Guarda il reportage sul pugno di ferro leghista a Ferrara).

Quando poi Salvini è andato al Viminale, ha decretato la chiusura del centro. In un video postato sui social, l’ex ministro aveva mostrato le condizioni in cui si viveva all’interno: rubinetti arrugginiti, fili elettrici in bella scoperta ed altre situazioni ritenute poco accettabili, che hanno portato alla chiusura.

Oggi quel centro è destinato alla riapertura: da qui a poche settimane, all’interno del Mattei potrebbero essere ospitati 200 migranti. Una scelta, quella sul centro, arrivata forse non a caso dopo la caduta del governo gialloverde: con l’uscita di scena di Salvini, è stato intrapreso un repentino percorso contrario, che ne ha portato alla riapertura in tempi relativamente molto brevi. Si tratta di un ulteriore segno della rincorsa, a livello sia nazionale e sia locale (lì dove il Pd è ancora radicato) allo smantellamento della gestione dell'immigrazione voluta da Salvini.

Ad aggiudicarsi il bando della Prefettura, come sottolineato da Libero, è stata un’associazione temporanea di imprese che ha affidato la struttura al consorzio L’Arcolaio, lo stesso che ha gestito il centro dal 2014 fino alla chiusura decretata da Salvini. Il Prefetto di Bologna, Patrizia Impresa, ha dichiarato che la riapertura è stata possibile grazie a dei lavori svolti nelle scorse settimane.

Un’implicita conferma forse che, in effetti, le condizioni prima della chiusura non erano proprio quelle ideali per accogliere le persone.

Da Bologna, come detto prima, a Ferrara: qui c’è una frazione del capoluogo estense che è in rivolta contro la notizia del possibile trasferimento di 35 migranti al suo interno. Si tratta, per la precisione, di Ravalle. Qui abitano 350 persone, di fatto se va in porto il progetto di cui si è iniziato a parlare da giorni, ci sarebbe un migrante ogni dieci abitanti.

Su Repubblica è stato pubblicato un reportage in cui i cittadini di Ravalle sono pronti anche alle barricate, c’è chi vorrebbe bloccare le strade con i trattori per evitare l’arrivo dei migranti.

Ed a poco sono valse, fino a questo momento, le rassicurazioni fornite da più parti che in realtà il centro da queste parti non aprirà.

La rabbia delle persone è parecchia: la preoccupazione principale sta nel fatto che una contrada così piccola potrebbe non essere in grado di reggere la presenza di un gruppo di 35 migranti, né di farli integrare.

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