A Roma lo chiamano il «piccolo Colle». E il motivo è semplice. Palazzo Giustiniani, sede della presidenza del Senato e «albergo a ore» per i presidenti emeriti della nostra Repubblica, vanta una primazia di fatto su tutti gli altri palazzi del potere politico. Escluso ovviamente il Quirinale. Nel «piccolo Colle» sta maturando in questi giorni il disegno del futuro governo istituzionale. Quello che potrebbe prendere il posto della squadra renziana.
Quella che sembrava, fino a qualche settimana fa, soltanto l'ultima puntata della fantapolitica estiva, sta assumendo i contorni della probabilità. Potrebbe essere infatti l'attuale inquilino di Palazzo Giustiniani, Pietro Grasso, a prendere il testimone da Renzi per la guida del Paese. Almeno questa è la sua ambizione, non dichiarata certo, ma ben deducibile dalle sue ultime sortite.
A partire dal discorso del Ventaglio della settimana scorsa. In quell'occasione Grasso si è dimostrato fin troppo severo nei confronti del premier e della campagna per il Sì al referendum costituzionale del prossimo autunno. Non cascherebbe il mondo, ha detto, se vincesse il partito del No. Facendo così capire da che parte starà in quell'occasione. Una dichiarazione che è piaciuta molto alle opposizioni. Soprattutto ai grillini che già avevano avuto modo di apprezzare l'indipendenza di Grasso in occasione del voto sulla legge Cirinnà che disegnava le unioni civili. Allora il Movimento 5 Stelle intonò più di un peana all'inquilino del «piccolo Colle» per non aver reso possibile il cosiddetto «supercanguro», che faceva strame di tutti gli emendamenti con un voto di fiducia, e per aver poi deciso per il voto a scrutinio segreto. Una mossa che rese poi impossibile per il Pd avere i numeri per far passare la stepchild adoption.
I grillini sono ora tornati a corteggiare Grasso. Il motivo è contingente (la calendarizzazione del voto sull'arresto del senatore Antonio Caridi del gruppo Gal richiesto dal Tribunale di Reggio Calabria), però offre la possibilità di parlare anche di altro e di rinnovare la reciproca fiducia. Secondo i bene informati, Grasso si starebbe dando da fare per accontentare le richieste dei grillini in tal senso. In cambio avrebbe la loro fiducia qualora cadesse il governo Renzi dopo il referendum di ottobre.
Anche una parte del Pd, oggi ovviamente minoritaria, guarda di buon occhio all'indirizzo di Palazzo Giustiniani. A differenza degli altri candidati in pectore a sostituire Renzi (si fanno con insistenza i nomi di Pier Carlo Padoan e del giovane Carlo Calenda, rispettivamente ministro dell'Economia e ministro da appena tre mesi dello Sviluppo economico), Grasso ha dalla sua la posizione istituzionale. Sarebbe naturale, in caso di crisi politica, chiedere alla seconda carica dello Stato di formare un governo di scopo per traghettare la legislatura fino alla nuova legge elettorale. Solo Grasso, poi, potrebbe ottenere i voti dei grillini. Voti che non gli furono lesinati in occasione della sua nomina alla presidenza di Palazzo Madama. Nomina voluta allora da Bersani proprio per ottenere un punto di contatto con l'opposizione movimentista dei 5 Stelle.
Anche dalle parti del Nazareno, però, c'è chi vede bene la Grosse Koalition targata Grasso. Gli analisti del Pd fanno infatti notare che per rendere inoffensiva l'onda lunga del grillismo serve soltanto arruolarli al governo. Perderebbero consenso e tornerebbero alle percentuali dell'era Monti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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