Un linguaggio sferzante. L'analisi politica impietosa mescolata alle rasoiate della cronaca giudiziaria. In un cocktail micidiale, fra battute taglienti e allusioni sarcastiche. Per il giudice, Marco Travaglio ha superato il limite e per questo l'ha condannato a risarcire Tiziano Renzi con 50 mila euro. È la seconda sconfitta in poche settimane per il direttore del Fatto Quotidiano, acerrimo nemico dell'ex premier Matteo Renzi e di conseguenza del padre Tiziano.
Nei suoi corsivi, Renzi senior diventava Mastro Geppetto il genitore di Pinocchio, ma come sempre nei pezzi del fondatore del Fatto, non mancavano i riferimenti alle carte delle inchieste in corso: in un caso per Renzi padre era stata utilizzata l'espressione, pesantissima, «fa bancarotta»; in un'altro commento Tiziano era stato accostato a Valentino Mureddu, un massone iscritto alla P3. Poi c'erano state le punture di spillo nel salotto di Lilli Gruber, dove Travaglio è spesso ospite e dove ha incrociato anche Matteo Renzi.
È proprio l'ex presidente del consiglio a dare notizia della sentenza su Facebook. Renzi parla del «mare di fango che ci hanno buttato addosso» e ricorda le «sofferenze» patite dalla sua famiglia.
In effetti, per un lungo periodo i Renzi sono rimasti sotto i riflettori delle procure, prima Napoli e poi Roma, e per l'affaire Consip Tiziano è stato indagato per traffico di influenze. Poi, nelle scorse settimane, i pm di Roma hanno chiesto l'archiviazione della sua posizione, anche se la ricostruzione degli avvenimenti da lui offerta non ha convinto per niente gli inquirenti.
In particolare non si è ben capito se Tiziano Renzi abbia mai incontrato il discusso imprenditore napoletano Alfredo Romeo, alla caccia di appalti appetitosi e di entrature ai piani alti del Palazzo.
Ancora, nei giorni scorsi è emersa dai fascicoli dell'indagine, ormai conclusa, una surreale intercettazione telefonica in cui Matteo cercava di capire una volta per tutte le frequentazioni del padre, ottenendo risposte evasive, vaghe, a tratti confuse.
Va però detto che nel corso dell'indagine qualche investigatore si era fatto prendere la mano e, come documentato, sono stati manipolati i nastri per screditare Renzi e macchiare in modo indelebile la sua reputazione.
Insomma, se è vero che il ciclo politico del rottamatore fiorentino si è consumato, almeno in questa fase, per i suoi stessi errori, è altrettanto certo che è stato accerchiato con tutti i mezzi e non si è andati tanto per il sottile pur di buttarlo giù dalla torre. In questo senso sono state sfruttate anche le disavventure del genitore, al centro di trame e interessi talvolta pasticciati e non sempre lineari.
Ora Matteo Renzi, alle prese con l'eterna guerriglia dentro il Partito democratico, incassa in rapida successione tre successi. Il padre è finalmente uscito, indenne, dai radar della vicenda Consip, anche se a Firenze è stato rinviato a giudizio per un paio di fatture che non convincono la magistratura; poi ha vinto due volte contro Travaglio: per gli articoli diffamatori del Fatto la cifra fissata per il risarcimento dal tribunale di Firenze è di 95 mila euro.
Adesso arrivano la condanna per la puntata di Otto e mezzo e altri 50 mila euro. «Sono contento per mio padre - è la conclusione di Renzi - il tempo è galantuomo. E la verità e più forte delle menzogne. Adesso voglio solo vedere come i tg daranno la notizia».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.