Trenta nomi per il Colle Ma quello giusto non c'è

Le manovre sono iniziate: tra i papabili Padoan, Cassese e Finocchiaro. Il prossimo inquilino del Quirinale però sarà probabilmente un outsider

Trenta nomi per il Colle Ma quello giusto non c'è

Madamina il catalogo è questo. C'è un trono, che si sta per vuotare, e ci sono trenta candidati che scalpitano, manovrano, si nascondono, sperano. Cinque sono le donne: il ministro della difesa Roberta Pinotti, la presidenta della Camera con cottage a Castelporziano Laura Boldrini, la radicale sempreverde Emma Bonino, la vice presidente della Consulta Marta Cartabria e Anna Finocchiaro che, grazie al lavoro in commissione Riforme costituzionali, nel gruppo rosa è quella piazzata meglio. Sei i segretari della Ditta, da Bersani a D'Alema, da Fassino a Veltroni, passando per Franceschini e finendo a Epifani, perché sì, persino l'ex leader della Cgil, non si sa mai, coltiva la fiammella. Quattro i cattolici: Castagnetti, Casini, Mattarella, Gentiloni, in ordine crescente di probabilità.

Quattro sono pure i grandi esperti di economia o di diritto, ottimi in caso serva sul Colle un tecnico capace di rassicurare l'Europa: Mario Draghi, Pier Carlo Padoan, Raffaele Cantore e Sabino Cassese. Due invece i personaggi del mondo della cultura, Renzo Piano e Riccardo Muti, e tre le «riserve della Repubblica», Romano Prodi, Gianni Letta e Giuliano Amato. A completare l'elenco un gruppo di eterogenei aspiranti, accumunati solo dalle scarse possibilità. Ecco il presidente del Senato, seconda carica della Repubblica e futuro supplente, candidato per forza. Ecco i giornalisti Vittorio Feltri e Piero Ostellino. C'è pure un ex calciatore del Milan, Franco Baresi. E c'è Stefano Rodotà, che piace solo ai grillini.

Nomi buttati là, nomi civetta, nomi già bruciati. In tutto sono ventinove. Il trentesimo, il nome giusto, quello che succederà a Giorgio Napolitano, è ancora coperto. Ma potrebbe benissimo essere uno dei sopra citati. Ad esempio, Padoan. Il ministro dell'Economia è partito in sordina, poi negli ultimi giorni è scattato con forza. Elogiato dal capo dello Stato uscente, invitato da Matteo Renzi «per fraternizzare» all'assemblea dei parlamentari del Pd, gradito all'estabilishment internazionale, in buoni rapporti con Draghi. Forza Italia però, come sostiene Maurizio Gasparri, «ha il coltello dalla parte del manico», non appare entusiasta e non ha digerito la sua legge di Stabilità. Senza contare che il premier potrebbe avere difficoltà a separarsi dal suo ministro dell'Economia. E poi all'elezioni mancano almeno 45 giorni: la volata di Padoan è partita troppo presto?

Stando alle parole di Renzi, sembrerebbe proprio di sì: «Il presidente lo si sceglie quattro giorni prima della seduta congiunta delle Camere, non con parecchie settimane di anticipo. Non dimentichiamoci come uscì il nome di Napolotano nel 2006». Cioè all'ultimo minuto, dopo una serie di veti incrociati e di cadute eccellenti. Insomma, «è inutile dilettarsi con gli identikit, il dialogo tra i partiti comincerà quando sarà il momento opportuno».

Nel frattempo Matteo registra la volontà di intesa espressa da Silvio Berlusconi e non si preoccupa più di tanto dei dissidenti Pd e Fi: se si mettono d'accordo, alla quarta votazione, quando basteranno 505 voti, i due contraenti del Patto del Nazareno possono reggere anche 150 franchi tiratori. Con questi presupposti, sarà difficile per la minoranza dem sparigliare flirtando con Grillo e Vendola.

Certo, i piccoli cercano di organizzarsi. M5S, Lega e Fratelli d'Italia potrebbero trovare improvvise convergenze, Scelta Civia, Per l'Italia e Centro democratico hanno firmato un «patto di consultazione» per far pesare i loro 50 grandi elettori. Cosi anche il lancio di Pierluigi Bersani e Mario Draghi da parte di Mario Mauro viene considerato come una manovra di disturbo.

Che infatti Giovanni Toti blocca subito: «Sicuramente è un nome che ha un curriculum, come Amato, ma credo Draghi stia facendo un ottimo lavoro alla Bce e sarebbe controproducente chiedergli di lasciare anzitempo l'incarico».

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