Poco prima delle 13.30 locali, le 19.30 italiane, Donald Trump è uscito dal Suv nero protetto da agenti della polizia e dei Secret Service, davanti alla procura su Centre Street, e dopo un breve cenno con la mano verso i sostenitori è entrato in tribunale. Da quel momento l'ex presidente americano era ufficialmente in stato di custodia per i presunti pagamenti alla pornostar Stormy Daniels, per comprarne il silenzio su una loro vecchia relazione. «Sembra così surreale, ma wow, mi arresteranno. Non riesco a credere che questo stia accadendo in America», ha scritto l'ex presidente americano, il primo a essere sottoposto ad accuse penali, mentre percorreva il tragitto di una quindicina di minuti dalla Trump Tower a Lower Manhattan.
Una volta in custodia della polizia presso l'ufficio del procuratore distrettuale di Manhattan gli sono state prese le impronte digitali, mentre è ancora incerto se sia stata scattata la foto segnaletica, che lui ha chiesto espressamente. Quindi è stato accompagnato, come previsto senza manette, lungo i corridoi dalla procura all'aula della corte per ascoltare la lettura dei 34 capi di imputazione per falsificazione di documenti aziendali da parte del giudice Juan Manuel Merchan. Accuse dinanzi alle quali si è dichiarato «non colpevole». Dopo un'ora circa, è stato rilasciato per tornare a Mar-a-Lago, in Florida, e parlare ai suoi sostenitori. Secondo la Nbc, in un'email ai finanziatori ha anche commentato: «Oggi piangiamo la fine della giustizia in America».
In tribunale, il giudice aveva respinto la richiesta di avere telecamere in aula, perché se l'interesse del pubblico per seguire l'incriminazione era «incontestabile», prevalevano la sicurezza dell'imputato e la potenziale interferenza con «la dignità e il decoro della corte». Anche i suoi legali si erano espressi contro, per evitare che l'udienza si trasformasse in un circo. Ammessi invece alcuni fotografi per diversi minuti prima dell'inizio dell'udienza, quelli che hanno ripreso Trump seduto al banco insieme agli avvocati, serio e scuro in volto.
Una giornata storica trascorsa in una Manhattan blindata per evitare scontri o violenze. Ad attendere l'ex presidente su Centre Street, già dalle prime ore di ieri mattina, c'erano una distesa infinita di giornalisti e una lunga fila di curiosi. Il popolo del tycoon è sceso in strada per sostenere il «presidente migliore della storia americana». Arrivati da diversi stati Usa, molti erano avvolti nella bandiera americana, con cappellini e cartelli con la scritta Maga' (Make America Great Again). «Se la prendono con un innocente, che non a caso è l'ex presidente», ha detto la deputata repubblicana della Georgia e trumpiana di ferro Marjorie Taylor Greene. Donald «è la cosa migliore che sia mai capitata a questo paese, è fantastico», hanno urlato altri. A pochi metri di distanza, separati solo da due file di transenne e agenti, c'erano gli anti-Trump: «Lock him up», sbattetelo dentro, si legge sui loro cartelli, e ancora: «Trump mente sempre».
Il tycoon ha sparato a zero contro tutti, ribadendo il mantra della «caccia alle streghe», puntando il dito contro il procuratore di Manhattan Alvin Bragg, che dovrebbe «dimettersi» ed essere «incriminato», e contro «i democratici della sinistra radicale che hanno reso criminale l'uso del sistema giudiziario». Parole durissime le ha riservate anche al giudice Merchan, sostenendo che il processo dovrebbe essere spostato a Staten Island, l'unico quartiere della Grande Mela che ha votato per lui nel 2016 e nel 2020, evitando il tribunale di Manhattan, una «sede molto di parte».
La sua difesa potrebbe ora avanzare varie istanze chiedendo, oltre al trasferimento del processo per motivi «ambientali», la ricusazione del giudice (che ha già trattato due casi legati al tycoon e al suo entourage) o invocando i termini di prescrizione.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.