Turchia sempre meno libera Arrestato giornalista tedesco

Il corrispondente del quotidiano Die Welt messo in carcere con l'accusa di «propaganda terroristica»

Turchia sempre meno libera Arrestato giornalista tedesco

Fare il giornalista in Turchia è sempre più pericoloso. Ce lo ricorda il caso di Deniz Yücel, che è il corrispondente da quel Paese per Die Welt, uno dei più importanti quotidiani tedeschi. Yücel - che ha la doppia nazionalità tedesca e turca - è stato arrestato martedì scorso in relazione al suo lavoro su un'inchiesta che vede coinvolto il ministro della Giustizia Berat Albayrak, genero del presidente Recep Tayyip Erdogan.

L'accusa per la quale il giornalista è trattenuto in carcere è pesante: propaganda a favore di un'organizzazione terroristica. Ma cosa ha fatto realmente il corrispondente della Welt? Risulta che Yücel avesse pubblicato i risultati dei suoi approfondimenti su quanto emerso a proposito di Albayrak nell'inchiesta su Red Hack, sigla dietro la quale agisce un gruppo di hacker turchi che aveva fatto avere a Wikileaks il contenuto di mail private sottratte a esponenti del governo di Ankara.

Le prospettive per Deniz Yücel sono abbastanza grame: infatti, in conseguenza dello stato di emergenza attualmente vigente in Turchia, il fermo di polizia può essere prolungato fino a due settimane, periodo che può essere utilizzato dagli inquirenti per la raccolta di prove contro l'indiziato.

In soccorso del corrispondente della Welt è intervenuto il governo di Berlino. Il ministero degli Esteri tedesco ha emesso un comunicato per assicurare di star seguendo il caso di Yücel, al quale manifesta pieno sostegno. Berlino afferma di nutrire fiducia nella giustizia turca e nel rispetto del dettato della Costituzione di quel Paese, che prevede il pieno rispetto della libertà di stampa.

Si tratta di un tipico esempio di linguaggio diplomatico, in quanto l'attuale realtà del contesto in cui operano i media in Turchia è purtroppo ben lontano da quel «pieno rispetto». Il fallito colpo di Stato dello scorso luglio ha infatti fornito a Erdogan l'occasione per un durissimo giro di vite nei confronti della libera stampa, con arresti di decine di giornalisti, chiusure di testate vicine all'opposizione e «normalizzazione» di altre, attuate con la nomina di direttori compiacenti al posto dei precedenti sgraditi.

Insieme con l'ondata di arresti ed epurazioni nelle forze armate, nella magistratura e nelle università, questo giro di vite contro i media, di cui l'arresto di Yücel rappresenta un ulteriore aggravamento, delinea un quadro inquietante: quello della progressiva trasformazione della democrazia turca in una autocrazia guidata dall'aspirante «sultano neo-ottomano» Erdogan.

Capitolo chiave, e potenzialmente conclusivo, di questo percorso liberticida sarà il referendum del prossimo 16 aprile con il quale gli elettori turchi saranno chiamati a confermare la riforma presidenzialista voluta dallo stesso Erdogan. Che a quel punto, più che un presidente, sarà di fatto un dittatore islamo-nazionalista.

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