Turismo a pezzi, gli albergatori: «Fate presto»

Da Cascia a Norcia, è fuggi fuggi senza fine. «Controlli veloci per ripartire»

Stefano Zurlo

Domenica mattina all'hotel Monte Meraviglia c'erano trecento persone. Nemmeno un letto libero. E in un'altra struttura, La corte, c'erano cinquanta libanesi. Tutti devoti di santa Rita. Ora Cascia è un deserto, le stanze sono chiuse in attesa delle verifiche di rito e alla santa si chiede il più impossibile dei miracoli: far tornare i turisti che sono spariti. «Cascia - spiega Damocle Magrelli, titolare di alcuni dei più importanti hotel della zona - è il secondo motore della regione dopo Assisi. Fino a domenica abbiamo retto, anche se c'erano state già alcune cancellazioni, ma ora la situazione è drammatica».

Da Cascia a Norcia sono solo 18 chilometri nel cuore della Valnerina straziata e la botta si fa sentire: «Cascia - aggiunge Magrelli - è un paesino di poche migliaia di abitanti, ma calamitava ogni anno un milione, un milione e mezzo di presenze, con tre-quattrocentomila pernottamenti».

Un'industria colossale che sembra essersi dissolta. Almeno per il momento. Difficile prevedere cosa sarà. «Dopo la scossa di Amatrice - racconta il vicepresidente e assessore regionale al turismo Fabio Paparelli - avevamo registrato nell'ultima settimana di agosto un meno 75 per cento a Norcia e un meno 27 per cento su base regionale. Ma poi ci eravamo rapidamente ripresi, con dati addirittura trionfali in crescita sull'anno precedente». I due viaggi del papa ad Assisi, le marce, le manifestazioni, tutto sembrava girare per il verso giusto. Tutto tranne la terra. «Adesso - riassume Paparelli - ci sono stati tre terremoti in poche ore. E non è facile programmare il futuro». Bisognerebbe interpellare la natura ed entrare nelle teste della gente, materia complessa anche per gli psicologi. «Posso dirle - conclude il vicepresidente- che per tutto il '98 Assisi, colpita duramente l'anno prima dal sisma, perse un quinto dei suoi visitatori. Ma non c'era internet e ogni paragone col passato è azzardato».

I numeri della città di San Francesco sono impressionanti. I pernottamenti sono 1,2 milioni nell'arco di 12 mesi, circa 6 milioni le presenze. Quasi tutti quelli che vanno in Umbria passano per Assisi. Adesso la situazione è altalenante: ci sono disdette un po' dappertutto, anche se ogni stima è prematura. Da Federalberghi fanno notare che quasi tutti gli hotel interpellati hanno aperto le porte a chi aveva dovuto lasciare la propria casa, proprio perché i turisti erano scomparsi. Ma è anche vero che in questa stagione i flussi sono più modesti e occorrerà attendere qualche giorno per capire la portata del fuggi fuggi.

Prudenza. Il tentativo di non cedere alla deriva del catastrofismo e la consapevolezza che hotel, ristoranti, agriturismi sono la spina dorsale dell'economia. «I controlli - riprende Magrelli - devono essere fatti con scrupolo, ma più in fretta possibile, anche perché qui i danni sono molto contenuti, solo qualche sfregio ai nostri tesori». Senza entrare nel solito labirinto della burocrazia italiana che tutto soffoca. «In questo momento - afferma l'imprenditore - gli alberghi sono chiusi e io devo attingere alle riserve per pagare i dipendenti che sono 90, conteggiando anche gli stagionali. Una situazione difficilissima, come lo è per tutti i miei colleghi. Ma cosi non possiamo andare avanti a lungo».

Ripartire dall'industria dell'ospitalità che è un tratto distintivo di questa regione, satura di storia e spiritualità. Sana Rita e San Benedetto. I piedi sulla terra ballerina, gli occhi spalancati verso il cielo.

«Dobbiamo batterci - nota Claudio Ricci, ex sindaco di Assisi e oggi capogruppo del centrodestra in consiglio regionale - perché la basilica di San Benedetto a Norcia e i siti benedettini diventino patrimonio dell'Unesco». Sarebbe uno spot planetario dopo tante lacrime e paura.

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