In tv dialoghi Macron-Putin. Ira di Mosca

Dopo la pubblicazione di una telefonata: "Da Parigi scarso bon ton"

In tv dialoghi Macron-Putin. Ira di Mosca

Al presidente francese non dev'essere dispiaciuto vedersi esibito su France 2 come leader iperattivo, che fa di tutto per salvaguardare la pace nell'Europa dell'Est prima che Vladimir Putin ordinasse l'invasione dell'Ucraina. Ma quando il prodotto finito, presentato come documentario in presa diretta, e perlopiù girato all'Eliseo, è stato trasmesso il 30 giugno dalla rete pubblica transalpina, a Mosca lo stato maggiore del putinismo è saltato sulla sedia.

I nervi sono tornati a fior di pelle quando i russi si sono accorti dello sforzo autoriale: mostrare in tv l'azione della grandeur a trazione Macron (dal 1° gennaio a «capo» dell'Ue per sei mesi) senza attenzione alla «privacy» degli interlocutori. Prima le critiche dell'agenzia di stampa russa Ria Novosti: «Non hanno rispettato le regole diplomatiche dei negoziati». Poi, film fatto a pezzi da Le Monde: «Infrange gli standard diplomatici relativi al segreto». E ieri il ministro degli Esteri russo ha gelato ogni auspicio di proseguire, da parte francese, trattative con Mosca: «Credo che l'etica diplomatica non presupponga una fuga di documenti così unilaterale», il commento di Sergei Lavrov.

Stop ai colloqui con Parigi, dunque? Da racconto dietro le quinte, i 115 minuti di «Un président, l'Europe et la Guerre» sono diventati termometro della crisi, visti i risvolti della chiamata Macron-Putin, registrata il 20 febbraio, 4 giorni prima che Mosca lanciasse l'assalto militare a Kiev. Nell'ufficio di Emmanuel Bonne, consigliere diplomatico del presidente francese, la telecamera punta il telefono. Le voci dei due leader si sentono distintamente. Il cinismo, la freddezza e la determinazione del n.1 del Cremlino stanno nelle risposte ambigue di Putin: sull'ipotesi di colloquio con Biden, con lo zar che spiega d'essere impegnato a fare sport, e sul rispetto degli accordi di Minsk. Senza però annunciare mai l'invasione.

Macron era al telefono con lo zar perché i Servizi americani ipotizzavano un attacco imminente. Eppure sembra trarre aspetti positivi dal colloquio: «Vorrei che mi dessi la tua lettura della situazione in modo abbastanza diretto, come facciamo entrambi, vorrei che mi dicessi quali sono le tue intenzioni». La replica di Putin: «Cosa potrei dire? Voi stessi vedete cosa sta succedendo...».

Poco prima che l'Europa scoprisse d'essere nel bel mezzo di un conflitto, il documentario cattura 9 minuti di conversazione che stando ai russi sarebbe dovuta restare riservata. Il giornalista Guy Lagache è a pochi metri. E gli spezzoni che il Cremlino non ha gradito vedere in tv entrano nel film; mentre altri sono stati secretati per ammissione del regista.

Lavrov attacca Parigi, e oltre al j'accuse non rinnega la strategia moscovita: «Conduciamo sempre i negoziati in modo da non doverci mai vergognare e siamo pronti a rispondere delle nostre parole e spiegare la nostra posizione, i Paesi occidentali dovrebbero riconoscere piuttosto le loro responsabilità per la morte di civili nel Donbass e in altre zone dove Kiev usa armi contro i civili».

La guerra in streaming è solo l'ultimo tassello del puzzle con cui Macron ha provato a gestire la crisi con scarsi successi: dalle foto in tenuta militare per empatizzare con Zelensky, alla prolungata astinenza da viaggi in Ucraina. Oggi toccherà al presidente del Senato Gérard Larcher andare a Kiev: vedrà Zelensky, poi un discorso al Parlamento. Poi nell'oblast della capitale, a Irpin o Bucha. L'affaire del documentario è sbarcato ieri in Assemblée: Marine Le Pen ha parlato di diffusione irresponsabile di conversazioni diplomatiche.

Anche con altri leader come Ursula Von der Leyen, Olaf Scholz o Mario Draghi. «Macron si mette in scena come salvatore del mondo, come se l'esercizio del potere possa ridursi a un trailer su Netflix», il suo attacco all'Eliseo. Il primo in aula del mandato bis.

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