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Ucciso Soleimani su ordine di Trump Teheran minaccia: "Preparate le bare"

Ucciso Soleimani su ordine di Trump Teheran minaccia: "Preparate le bare"

Qassem Soleimani stava lasciando l'aeroporto di Baghdad in auto. È stato colpito da una raffica di missili partiti da droni americani vicino a un'area di carico. Il comandante delle Forze speciali dei Pasdaran iraniani era arrivato in aereo dal Libano o dalla Siria. Uno dei suoi tanti viaggi nella regione. Non si aspettava il blitz Usa. Con lui c'era il leader della milizia irachena Kataib Hezbollah, Abu Mahdi al-Muhandis, uno dei suoi «allievi» morto con lui, assieme ad altre sei persone, compresi anche suo genero e un membro degli Hezbollah libanesi. Per Washington Soleimani era il responsabile dell'attacco del 28 dicembre che ha ucciso un contractor civile americano in una base vicino a Kirkuk. Ma questo non è un «omicidio mirato» come un altro. Segna un'importante escalation delle tensioni tra Washington e Teheran.

Soleimani, il 62enne generale dai capelli d'argento, che amava indossare un anello in stile arabo all'anulare, era un eroe per i suoi combattenti. Era la più potente figura militare dell'Iran, il vero ministro degli esteri del Paese. Ritenuto la mente strategica della proiezione dell'Iran in tutto il Medio Oriente. Dal Libano all'Irak, alla Siria e allo Yemen attraverso le Forze al Quds delle Guardie rivoluzionarie. Nella veste di comandante delle forze speciali d'élite, ha organizzato e diretto operazioni segrete, coordinando milizie per procura in tutta la regione. È stato considerato la seconda figura più potente in Iran dopo l'Ayatollah Ali Khamenei.

Il presidente americano Donald Trump, che era in Florida al momento del raid, ha twittato un'immagine della bandiera americana poco dopo l'attacco. E ha aggiunto: «Eliminato l'uomo forte, l'Iran non ha mai vinto una guerra». Il Pentagono ha precisato che Soleimani «stava sviluppando piani per attaccare diplomatici e membri del servizio americani in Irak e in tutta la regione». «Questo raid mira a dissuadere i futuri piani di attacco iraniani», ha aggiunto. Gli Stati Uniti hanno chiamato i comandanti delle Forze al Quds terroristi e li ritengono responsabili della morte di centinaia di soldati americani in Iraq. Washington teme ritorsioni, ha ridotto il personale diplomatico e anche dipendenti delle compagnie petrolifere sono stati invitati a lasciare il Paese. I prezzi del petrolio sono aumentati di oltre il 4 per cento sui mercati globali.

L'attacco arriva giorni dopo che i manifestanti hanno attaccato l'ambasciata americana a Baghdad. Il Pentagono sostiene che Soleimani abbia appoggiato l'assalto. Nel frattempo iniziano a sollevarsi le critiche all'operazione americana. Khamenei, ha dichiarato «vendetta per i criminali». Ha anche annunciato tre giorni di lutto nazionale. Il ministro degli esteri iraniano, Javad Zarif, ha definito l'omicidio un «atto di terrorismo internazionale», twittando che gli Stati Uniti «sono responsabili di tutte le conseguenze del suo avventurismo canaglia». Gli Usa «devono cominciare a comprare bare per i loro soldati», ha invece affermato il vice capo delle Guardie della rivoluzione Mohammad Reza Naghdi. E il successore di Soleimani Esmail Qaani ribadisce «vedremo americani morti in tutta la regione». Anche il presidente Hassan Rohani ha usato toni minacciosi. «L'Iran e le altre nazioni libere della regione si vendicheranno per questo raccapricciante crimine dell'America criminale».

Non sono tardati ad arrivare anche altri commenti. Il primo ministro iracheno Adel Abdul Mahdi ha condannato l'assassinio come una «pericolosa escalation» delle tensioni regionali. La Russia ha affermato che l'attacco è stato un «passo imprudente». Il gruppo Hezbollah in Libano ha chiesto «vendetta». Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha affermato che gli Stati Uniti hanno il «diritto» di difendersi e ha elogiato il presidente Trump per aver agito «in modo rapido e deciso». Gli analisti della regione come Aaron David Miller, studioso del Carnegie Endowment for International Peace non nascondono preoccupazione. «È uno degli omicidi più carico di conseguenze in Medio Oriente degli ultimi anni e avrà implicazioni violente principalmente per gli Stati Uniti, l'Iran e Israele». Ha poi concluso: «Esiste il rischio di una vera e propria guerra tra i tre Paesi». Nel frattempo decine di migliaia di persone sono scese in piazza a Teheran in una manifestazione di protesta contro i «crimini» degli Usa.

E l'ambasciata americana in Irak ha esortato tutti i suoi cittadini a lasciare il Paese immediatamente.

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