"Vent'anni a chi sparò a Manuel". E la famiglia chiede 10 milioni

Caso Bortuzzo: la requisitoria del pm. Il giovane nuotatore, colpito per errore, perse l'uso delle gambe

"Vent'anni a chi sparò a Manuel". E la famiglia chiede 10 milioni

Roma Venti anni di carcere. È la condanna richiesta dal pm Elena Neri per Lorenzo Marinelli e Daniel Bazzano, i due criminali di Acilia che hanno sparato «per errore» tre colpi calibro 38 special contro Manuel Bortuzzo, la giovane promessa del nuoto italiano finita su una sedia a rotelle. Accogliendo la richiesta per il rito abbreviato i due balordi beneficeranno di uno sconto pari a un terzo della pena prevista per duplice tentato omicidio.

«Con l'aggravante della premeditazione» scrive il gip Costantino de Robbio sull'ordinanza di custodia cautelare, oltre a ricettazione e detenzione di arma (rubata) e lesioni gravissime con l'aggravante degli abietti e futili motivi. Quali? La notte del 2 febbraio scorso in piazza Eschilo, all'Axa, i due balordi hanno un diverbio con dei concorrenti spacciatori. Si contendono la piazza di San Giorgio, ad Acilia, nelle mani di camorristi trapiantati sul litorale romano. Come le famiglie Iovine e Guarnera che distribuiscono «polvere bianca» e gestiscono slot-machine. Marinelli, un figlio nato da un mese, viene da una famiglia legata ai casertani. Quel sabato notte al O'Connel Irish Pub i due le prendono di santa ragione. Marinelli e Bazzano fuggono promettendo di tornare «parati». «La piazza è nostra. Prendiamo il ferro e vediamo chi comanda» urlano mentre salgono su uno scooter diretti in via di Acilia. Gli avventori, terrorizzati, scappano da tutte le parti. Arrivano anche le prime volanti. Manuel è con la fidanzata, Martina Rossi, 16 anni, anche lei nuotatrice. I due hanno passato la serata alla festa per il diciottesimo compleanno di un'amica, Laura. Arrivano al pub per il bicchiere della staffa assieme ad Alessandro, Chiara, Marco e David. C'è un fuggi fuggi generale sulla scalinata che porta al locale. I sette si separano: Manuel e Martina vanno a piedi dall'altra parte della piazza per acquistare sigarette a un distributore automatico, gli altri cinque salgono in macchina e accompagnano David, il più giovane del gruppo, all'appuntamento con il papà. Accade tutto in una manciata di secondi, sotto una pioggia battente. I balordi, recuperato il «pezzo» nascosto in un prato vicino, si avvicinano a Manuel. Sono convinti di avere a che fare con i loro «concorrenti», i pugili che li hanno appena gonfiati di botte. Non li guardano nemmeno in faccia, urlano ed esplodono tre colpi in rapida successione e, soprattutto, ad altezza d'uomo. Sparano per uccidere, secondo l'accusa. Un proiettile colpisce Manuel alle spalle, gli perfora un polmone e si conficca sulla spina dorsale.

Il nuotatore trevigiano riesce solo a dire «mi hanno sparato» che crolla a terra. Martina su di lui. Manuel viene ricoverato e operato all'ospedale San Camillo. Per i medici la lesione spinale è irreversibile. Il 30 settembre la sentenza.

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