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Strasburgo, i segreti del tribunale ​che deciderà sul futuro di Berlusconi

Il Palazzo è sold out per l'udienza, allestita una sala video. E il leader presenta un'altra memoria difensiva

Strasburgo, i segreti del tribunale ​che deciderà sul futuro di Berlusconi

Completo, tutto esaurito. All'antivigilia dell'udienza 5428/13, «The case of Berlusconi versus Italy», se si chiede al portinaio della Corte come entrare ad assistere, ti guarda come se gli avessi chiesto un biglietto per il derby mezz'ora prima del fischio d'inizio. «Niente da fare, è pieno da settimane»: e anche dal suo sguardo si capisce che qui sta per accadere qualcosa di straordinario. Sono le cinque di lunedì sera, e sul Palazzo dei Diritti dell'Uomo è già scesa la notte. Le ultime comitive di studenti in visita sciamano vociando verso le luci della Petit France. Il colosso di vetro e cemento dal nome impegnativo resta vuoto. Un braccio d'acqua, il canale che va verso il Reno, lo separa dai giganteschi santuari della burocrazia comunitaria: il Parlamento, il Consiglio d'Europa. Basterà questo braccio d'acqua a tenere lontane le voci della politica da quelle del diritto, a lasciare che domani i 17 giudici chiamati a sciogliere il caso 5428 decidano con serenità da giuristi, senza ascoltare le sirene di chi in un modo o nell'altro vorrà condizionare la loro sentenza?

Per chi non riuscirà a entrare, e saranno la grande maggioranza degli aspiranti, i vertici della Corte hanno allestito una sala video, e fatto sapere che a seduta conclusa, dopo una manciata di ore il filmato integrale sarà disponibile in streaming. Per gli altri, per i fortunati che hanno un biglietto di tribuna per «Berlusconi versus Italy», la fila all'ingresso comincerà prima delle otto del mattino. Una cosa del genere, il portinaio del palazzo dice di non averla mai vista. Dieci giorni fa la Grand Chamber - la stessa che domani affronterà la vicenda del Cavaliere - ha affrontato un altro caso epocale, i tre ricorsi di giornalisti e attivisti contro il Regno Unito per avere spiato le loro conversazioni con Edward Snowden, quello di Wikileaks: non se l'è filata nessuno. Invece domani arriveranno dall'Italia, dall'Europa, dall'America, sfidando il linguaggio un po' arido di questa branca anomala del diritto, per raccontare come anche da queste sponde passi la resurrezione politica del leader più longevo del Vecchio Continente: speranza o incubo che sia.

Sul quai Ernest Bevin, la strada che costeggia il canale, i muri sono tappezzati di storie di malagiustizia vera o presunta, drammi di gente che nel suo paese si è sentita vessata anche dai giudici: e che, chissà con quale fortuna, è venuta a bussare a Strasburgo. Spesso gente dell'Est, come la grande maggioranza degli europei che si rivolgono alla Corte, bulgari o croati che si ostinano a credere nel mito di un diritto più forte dell'arroganza dei singoli Stati. Nei comunicati della Corte, i casi si equivalgono tutti, grandi e piccoli, e nel ruolino della Grand Chamber il «Berlusconi case» viene subito dopo quello di Nicolae Tanase, un tizio rumeno tamponato nel 2013 da un camion dell'esercito. E sono accomunati anche dagli anni di nascita del fascicolo, ricorsi vecchi di cinque, sei, sette anni, tempi infiniti che a volte portano il cittadino a sentirsi dare ragione a pena ormai espiata, come fu per Contrada.

È per scongiurare questo spauracchio, la beffa di una sentenza favorevole che arrivasse fuori tempo massimo, che gli avvocati di Berlusconi premono perché il dispositivo venga subito emesso, per dare il tempo al Cavaliere di partecipare alle prossime elezioni. Ed a sostegno di questa pressione dieci giorni fa Andrea Saccucci e Bruno Nascimbene, i due legali che combattono per Berlusconi questa battaglia decisiva, hanno depositato nella cancelleria di Strasburgo una memoria in extremis per replicare a un'ultima insidia: quella arrivata dalla Commissione di Venezia, un organismo consultivo cui Strasburgo aveva chiesto un parere sui meccanismi che portarono all'estromissione del leader azzurro dal Senato. I saggi, scrivono i due legali, sono andati assai oltre il loro mandato, prendendosi la briga di dare risposte che non erano state chieste: a volte correttamente, a volte prendendo - secondo Saccucci e Nascimbene - solenni cantonate, come quando «ignorano completamente» che la Costituzione italiana ha badato bene a non consentire al Parlamento poteri assoluti sulla esclusione dei suoi membri, per evitare prevaricazioni della maggioranza sulla minoranza: che è invece, grazie al decreto Severino, quanto toccato a Berlusconi. «Il ricorrente - concludono - è stato privato del suo seggio al Senato applicando retroattivamente una norma varata dal governo.

La procedura seguita davanti al Senato non prevede un minimo di garanzie e di imparzialità e non previene alcun abuso di potere».

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