Il Viminale fabbrica rifugiati ma solo uno su 4 è un profugo

Li chiamiamo profughi, ma, degli oltre 40mila immigrati arrivati sulle coste italiane da gennaio a maggio, almeno uno su due profugo non è

Il Viminale fabbrica rifugiati ma solo uno su 4 è un profugo

Li chiamiamo profughi, ma, degli oltre 40mila immigrati arrivati sulle coste italiane da gennaio a maggio, almeno uno su due profugo non è. Circa il 50% delle domande di asilo nei primi mesi dell'anno sono state rifiutate. Il 40% delle persone sbarcate non hanno nemmeno fatto richiesta di protezione: 41mila arrivi da gennaio a maggio, 24.678 richieste di asilo. 17mila persone non si sono dichiarate profughi: o perché non lo sono, o perché hanno provato a chiedere protezione in un altro Stato europeo. Di quel 60% che rimane, appunto, uno su due non ha i requisiti per essere considerato rifugiato. Alla fine dei conti solo uno su quattro ha diritto allo status di rifugiato. È la verità dei dati del Viminale sulle richieste presentate nei primi mesi di quest'anno, il periodo della più intensa immigrazione dal Nord Africa mai registrata verso l'Europa.

Tra gennaio e febbraio le domande di asilo compilate dopo i viaggi in mare sono state oltre undicimila (11.247), con un ritmo di 187 al giorno in media, suddivise sulle dieci commissioni territoriali sparse nel Paese. Le commissioni arrivano a stento ad esaminare la metà delle pratiche: su 5.478 di gennaio sono arrivate a conclusione 2503. A febbraio le domande di asilo sono state 5.769 e le risposte 3301.

Le quote di «sì» e di «no» all'asilo politico sostanzialmente si equivalgono. Metà degli immigrati che si dichiarano rifugiati secondo le commissioni esaminatrici non lo sono: a gennaio si sono concluse con il rifiuto 1190 pratiche su 2503, a febbraio 1609.

I veri e propri rifugiati, coloro che hanno ricevuto un permesso di soggiorno in Italia di 5 anni rinnovabile, sono stati il 10% di chi ha ottenuto protezione: si tratta di persone perseguitate nel loro Paese per motivi di razza, religione, opinione. Agli altri a cui è stato concesso il permesso di asilo è stata attribuita la protezione sussidiaria o umanitaria, legata alle condizioni dei Paesi di provenienza e non alle storie specifiche, con un permesso di soggiorno di 3 anni. Il 50%, come detto, sono stati i «no».

Le commissioni sono talmente intasate di pratiche che fronteggiano arretrati di almeno un anno: nel 2014 le richieste di protezione sono state 64.886 e quelle esaminate 36.330. Questo vuol dire che il sistema dell'asilo si è portato dietro dal 2014 un bagaglio di oltre 30mila pratiche da smaltire, che corrispondono alla capacità di gestione di un intero anno. Un collasso. Mai come i numeri della Germania però, dove le richieste di asilo nel 2014 sono state oltre 200mila (seconda è la Svezia).

Durante il periodo dell'esame della domanda, lo straniero ha diritto a rimanere in Italia. Se riceve il rifiuto all'asilo, è «invitato a lasciare il territorio nazionale entro 15 giorni», ma gli vengono anche indicate le procedure di impugnazione: può presentare ricorso entro 30 giorni al Tribunale competente a carico dello Stato italiano, perché ha diritto al gratuito patrocinio. In caso di ricorso, l'immigrato riceverà quindi un altro permesso di soggiorno provvisorio per asilo. Il Tribunale deve decidere entro tre mesi. Davanti a un secondo rifiuto, l'immigrato può restare e fare ricorso ancora, in Appello, infine in Cassazione. Tempi lunghissimi. Il sistema della gestione degli asili sembra penalizzare i rifugiati veri e offrire scappatoie ai finti.

Il dettaglio dei

dati: a gennaio su 5.478 richiedenti asilo 4.976 erano uomini e solo 502 donne, con 282 minori non accompagnati. Dieci al giorno, un'emergenza nell'emergenza. Gambia, Senegal e Nigeria i Paesi di provenienza più frequenti.

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