Beirut. «È stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso». La tassa sulle chiamate con WhatsApp, 0,20 dollari la giorno, ha innescato la rivolta libanese, come conferma Nivine, insegnante di arabo in una scuola privata nel quartiere più trendy di Beirut, Gemmayze. Ieri è stato il secondo giorno di proteste nella capitale un tempo considerata «la Svizzera del Medio Oriente». Il governo guidato dal premier Saad Hariri ha poi fatto marcia indietro ma la rabbia popolare non era più contenibile.
Migliaia di persone sono scese per le strade di Downtown e del souk, costellato di brand di lusso, da Armani a Versace a Dior. Ci sono stati duri scontri con le forze di sicurezza. I manifestanti hanno chiesto al governo di dimettersi, bruciato pneumatici e la polizia ha sparato gas lacrimogeni. Hariri è intervenuto in serata, ha parlato alla nazione e dato «72 ore ai politici per trovare una soluzione alla crisi» altrimenti «mi dimetterò». Sono state le più grandi proteste viste in Libano negli ultimi anni. Le persone riunite nella piazza Riad al-Sohl cantavano: «Vogliamo rovesciare il regime», oppure «Non siamo qui solo per WhatsApp, siamo qui per carburante, cibo, pane, per tutto». Migliaia di persone hanno marciato anche vicino al quartier generale del governo il Serail. Sui marciapiedi vetri di negozi sfondati, pneumatici dati al fuoco. Due lavoratori siriani sono anche morti per soffocamento a causa di un incendio. I manifestanti hanno bloccato tutte le strade a nord, a sud, nella valle della Bekaa, ed è stato impossibile raggiungere l'aeroporto. Le scuole sono rimaste chiuse. E il quotidiano libanese An-Nahar ha descritto l'accaduto come «un'intifada fiscale».
«Grazie a Dio, le persone si sono svegliate», ha affermato invece Ali. «Queste sono le prime manifestazioni in cui scendiamo a dimostrare non sotto una bandiera politica, ma come libanesi», ha sottolineato. Il Libano è stato dilaniato da una guerra civile di 15 anni, ha uno dei maggiori debiti pubblici del mondo e la disoccupazione tra i minori di 35 anni è del 37 percento. Molti protagonisti della classe politica hanno utilizzato le risorse del paese per proprio vantaggio personale. In un sistema settario in cui ci si spartisce tutto. Non bastasse, Hariri è assediato dagli scandali. Ha regalato 16 milioni di dollari alla modella-amante sudafricana Candice van der Merwe. E la tv Mbc lo ha accusato di avere un conto segreto di 1,6 miliardi di dollari. Ma non finisce qui. La crisi è innescata anche da altro. Il Libano vive delle rimesse degli espatriati nel Golfo.
Ma la crisi di Dubai le ha fatte crollare. E come se non bastasse gli incendi che hanno devastato le foreste dello Chouf in questi giorni sono state considerate dai libanesi come l'ennesimo fallimento della classe dirigente.
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