Il pollice verde che vuol tornare a Tursi per far rifiorire Genova

Il pollice verde che vuol tornare a Tursi per far rifiorire Genova

In Comune vuole tornarci. Sull’altra sponda. Dopo una vita passata a mettere in pratica le scelte politiche, anche quelle non condivise, stavolta è pronto a fare la politica comunale. Ettore Zauli a 60 anni non è più il direttore del servizio giardini del Comune, il mago del verde pubblico. E non lavora neppure più per l’Aster dove l’avevano relegato a fare altre cose (marketing e comunicazione) dopo la privatizzazione dei servizi. Ma per essere in campagna elettorale non sembra stessato dalla caccia al voto. L’appuntamento è per fine pomeriggio, prima non ce la fa.
Scusi la curiosità Zauli, era a un comizio?
«Macché, ne vengo da Milano, dal campo di San Siro. Continuo la mia attività: faccio consulenze e insegno all’Università di Architettura, un corso di progettazione del verde».
Il prato di San Siro non era mica così conciato male...
«Lo abbiamo rifatto completamente. Non era necessario, ma il Milan avrà la semifinale di Champion’s e vuole un campo perfetto».
Ma è tra pochi giorni. Domenica gioca già l’Inter. Avete rifatto tutto?
«Sì, ci vogliono 36 ore per consegnarlo tutto a posto».
E lei vuole fare il consigliere comunale a Genova?
«A Milano lo stadio è del Comune, ma interamente gestito dalle società. Pagano tutto loro, a metà, anche questi 250mila euro. Serviva il campo nuovo al Milan? Paga anche l’Inter senza battere ciglio. La prossima volta si farà il contrario. A Genova questo non accade. Le società pagano una quota percentuale come affitto e non vogliono la gestione».
250mila euro? A Genova la scorsa estate ne hanno spesi 700mila.
«Sì, non stento a crederlo. Ma lo stadio non è mica lo stesso. A Genova chi ha progettato il Ferraris ha ritenuto di non pensare a creare un accesso ai camion. Per portare terra, sabbia, rotoli di erba i camion arrivano vicino al varco e vengono traslati dentro e fuori con una sorta di gru».
Ma perché questa idea di candidarsi?
«Avevo offerto la mia esperienza per la stesura dei programmi, poi Forza Italia mi ha chiesto di candidarmi ed eccomi qua. Lo faccio volentieri. Senza stress, però».
Entrato nel 1973 in Comune a Genova e dopo una breve esperienza a Firenze, dal 1992 al 2002 è stato direttore del servizio giardini. Poi l’hanno messa ad Aster. È stata una punizione?
«Una punizione credo di no. Non ho fatto niente per meritarla. Diciamo che è stata una scelta indicativa di come il Comune ha inteso pensare al suo verde. Io credevo nell’estrenalizzazione, ho anche contribuito al piano. Devo ricredermi, i risultati sono stati pesanti».
Ha capito il perché?
«Soprattutto perché l’impegno ecnomico del Comune si è ridotto drasticamente. L’ultimo anno, solo per le spese correnti, il Comune stanziava 19 miliardi di lire l’anno per il verde. Il primo anno di Aster, i trasferimenti deliberati erano stati di 9 miliardi e 383 milioni. Dal secondo anno in poi sarebbero cresciuti a 12 miliardi e 418».
Molti meno...
«Ma magari fossero arrivati. Da quanto mi risulta, oggi non arrivano ad Aster più di 3 milioni di euro. Nonostante una delibera imporrebbe almeno il triplo. Capisco i tagli e i risparmi, ma nessun altro settore è stato così penalizzato».
Però non deve fare tutto Aster?
«Sì, qualcosa dipende dalle circoscrizioni, ma è la parte minimale, l’alberatura e la manutenzione più grossa sono nelle mani di Aster. Che se ha una colpa è proprio quella di non aver preteso i fondi che le vengono di diritto».
Marta Vincenzi propone di «potare» Aster, decimare gli assunti inutili. Ce ne sono davvero tanti?
«Non mi pronuncio sulla parte di Aster che non conosco. Per quanto riguarda il mio settore posso dire che i tecnici venuti dal Comune sono tutte persone molto preparate. Così pure gli operai, che sono operai specializzati, non inganni la definizione di operaio. Chiaro, come in qualsiasi settore pubblico ci può essere un numero di persone non all’altezza, ma Aster non fa eccezione. Più che altro l’azienda non fa più quello che faceva il Comune, non aggiorna professionalmente i suoi dipendenti».
Mancano i soldi?
«Ho fatto un conto. Meno di tre milioni di euro per il verde. Seicentomila abitanti. Genova spende 5 euro l’anno per abitante. Nessuna città fa peggio. Ci sono altri parametri poco rassicuranti, come la spesa per metro quadro. Soprattutto basti pensare che quando è stato sciolto, il servizio comunale contava su 240 addetti, oggi credo non arrivino a 70. E poi il Comune ci rimette con l’esternalizzazione. Perché ad esempio quando paga le fatture ad Aster deve versare anche il 20 per cento di Iva che ai suoi dipendenti non pagava sicuro».
Una bocciatura per l’assessore Luca Dallorto? Il Verde che ha affossato il verde?
«Riconosco che sia difficile gestire il verde pubblico. Ma certo non mi convince la storia dei metodi innovativi. Le sponsorizzazioni o il volontariato sono belle cose, ma servono a poco. I parchi di Nervi o la Duchessa di Galliera costano 6-700mila euro l’anno di manutenzione. Chi è che la sponsorizza? E i volontari: vanno bene per la domenica ecologica, per ripulire un giorno le aiuole, per momenti eccezionali, ma la manutenzione continua tutto l’anno, che è quella che serve, non possono farla».
Ha soluzioni da offrire al Comune?
«Qualche idea credo di poterla dare. Devo essere onesto: nessuno può pensare di riportare il verde di Genova a quello di 30 anni fa, quando era la città con il migliore verde pubblico al mondo come parchi storici. Non prometto di rimettere le fioriture in tutte le aiuole di via Corsica o corso Torino, ma ad esempio con pochi soldi il roseto di Nervi, oggi mortificante, può tornare come prima. Purtroppo il recupero è più lento della decadenza. E comunque è meglio risistemare le aree degradate prima di pensare a costruirne nuove e abbandonarle».


Un’idea insolita: se dovesse finire all’opposizione, ma le chiedessero di occuparsi del Verde, da tecnico, accetterebbe?
«Sarebbe diverso da prima, quando eseguivo anche disposizioni che non condividevo. Dovrei dire la mia».
Ettore Zauli non si scompone. Contento del simbolo di Forza Italia soprab il suo nome, pronto a fare la sua parte. Dall’altra parte della barricata.

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