La Polonia vuole rivedere gli accordi Ue di Bruxelles

Toni bruschi del premier Kaczynski Gelida la risposta di Barroso: «Per noi la questione è chiusa»

da Roma

Problemi di maggioranza o voglia di rimpinguare ulteriormente il bottino? A Bruxelles ci si interroga tra lo smarrito e il furente sull’uscita del premier polacco Jaroslav Kaczynski che ieri - a una settimana esatta dalla maratona dei 27 nella capitale belga in cui si è dato vita al nuovo Trattato costituzionale Ue - ha fatto sapere che le cose vanno riviste. «Vogliamo risolvere definitivamente la questione nel corso della Conferenza intergovernativa (Cig). Perché è vero che ci siamo messi d’accordo, ma solo verbalmente sul fatto che il rinvio di una decisione contestata possa arrivare fino a due anni».
Per qualche ora è stato il gelo. Interrotto dalla portavoce di Barroso, Pia Ahrenkilde-Hansen, che ha replicato seccamente: «Per noi gli accordi sono accordi e la questione è chiusa». A seguire, la risposta del neo-presidente semestrale dell’Unione, il premier portoghese José Socrates: «Ero presente al summit e so su cosa ci siamo messi d’accordo. C’è un mandato molto chiaro e preciso su quello che dev’esser fatto...».
Ma sarà davvero così? Un altro esponente del governo di Lisbona, il ministro degli Esteri Manuel Lobo Antunes, a chi gli ha chiesto ieri quante sono le possibilità di riaprire alcuni capitoli del trattato nella Cig ha annunciato gelido: «Nessuna». Ma diplomatici di altri Paesi spiegano invece che «durante i lavori della Cig se qualche Paese chiede di ridiscutere una questione nessuno può certo impedirgli di farlo...».
Insomma il rischio che i polacchi si presentino per chiedere di rivedere l’intesa stipulata all’alba di sabato scorso nel palazzo Justus Lipsius dopo 20 ore ininterrotte di discussione non è da scartare.
A meno che la “mossa” di Jaroslav - giudicato il più ultrà nella difesa del nazionalismo polacco rispetto al gemello Lech, presidente della Repubblica - non fosse piuttosto indirizzata al suo Paese, dove l’estrema destra alleata nella maggioranza col partito “Giustizia e Libertà” (Pis) dei gemelli Kaczynski, da qualche giorno va lanciando proteste contro le «cessioni di sovranità» che Varsavia avrebbe subito. Sostiene il partito della “Lega delle famiglie polacche” che occorre rinegoziare i risultati del vertice. Contestano l’idea di dover entrare nell’euro (di cui in realtà il trattato non parla), non vogliono aderire alla Carta dei diritti (la Gran Bretagna ha ottenuto l’opt out, mentre Polonia e Irlanda si sono riservate il diritto di decidere autonomamente), criticano il sì al sistema di voto a doppia maggioranza. Così c’è chi ritiene che Jaroslav altro non abbia fatto che cercare di tacitare la frangia più estremista della sua maggioranza. Gli si contrappone chi crede invece che la Polonia possa puntare a nuovi “strappi” nella Cig, che si dovrebbe aprire subito dopo le ferie estive e chiudersi entro ottobre 2007, in modo da poter procedere alle ratifiche nel 2008 e adottare il trattato nel 2009.
A indispettire Varsavia sarebbe il fatto che nel trattato non si parla dei «due anni» quale tempo concesso a un potere di blocco temporaneo (quello concesso alla Polonia su argomenti che non la convincessero), ma di «rinvio ragionevole».

«Ci siamo messi d’accordo su due anni», ha strillato Jaroslav che ora li pretende nero su bianco, aggiungendo che non vuole rinegoziare, ma ottenere quel che gli è stato garantito. «Due anni possono esser ragionevoli per qualeche dossier, ma non per altri», la replica da Bruxelles. Dove comunque Barroso si aspetta «che tutti e 27 rispettino gli accordi siglati unanimemente pochi giorni fa».

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