È passato più di un mese dall’arresto di Giuseppe Grossi, il «re delle bonifiche». Un tempo durante il quale l’inchiesta di procura e Gdf - iniziata a Santa Giulia come una storia di riciclaggio - è arrivata a lambire la politica. Pochi giorni fa, l’assessore all’Ambiente Massimo Ponzoni è stato sentito dai pm Pedio e Ruta per fare luce su alcuni affari immobiliari ritenuti sospetti. E ieri Ponzoni è intervenuto in commissione regionale per chiarire il ruolo del Pirellone in tema di bonifiche.
L’assessore ha precisato che dei 618 siti di bonifica di interesse regionale, sono 17 quelli in cui sta operando la Sadi spa, la società del gruppo «Green holding» che fa capo all’imprenditore ora in carcere, mentre dei sette siti di interesse nazionale in Lombardia, quattro sono in mano a Grossi. In sintesi, «se quello sotto la lente della magistratura è il primo caso che abbiamo, questo significa che siamo una Regione che funziona». Tutto bene, dunque, anche se le carte dell’indagine raccontano una realtà più complessa. Perché è vero che la Procura ha iniziato a indagare su Montecity, ma è anche vero che nel mirino degli inquirenti ci sono anche altre aree. Dei quattro dei siti di interesse nazionale che appartengono al «bacino» della Sadi, infatti, due sono già finiti sotto la lente degli inquirenti. Primo, l’ex Sisas di Pioltello. Un gigantesco affare i cui costi vennero stimati in 120 milioni di euro da una perizia di Claudio Tedesi (specialista del settore a libro paga di Grossi per Santa Giulia) e avallato dall’ex ministro dell’Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio. Un quadro diverso, a leggere la perizia del gruppo creditore di Sisas, la Air Liquide. Bonificare Pioltello - si legge nei documenti - sarebbe costato meno della metà dei 120 milioni pretesi e ottenuti da Grossi. Mentre i terreni ottenuti in cambio dall’imprenditore avrebbero avuto un valore non di 19 milioni, ma di 94. Ponzoni, però, garantisce che «la Regione non ha erogato alcun contributo aggiuntivo alla società di Grossi» per questa bonifica, e lo stanziamento di altri 32 milioni è stato fatto «solo a garanzia e nel caso in cui il procedimento di autorizzazione commerciale di grande superficie di vendita non fosse andato a buon fine». Allo stesso modo, gli ulteriori 12 milioni previsti nella delibera «sono serviti per accelerare la chiusura dei lavori al 30 settembre 2010». Ma sotto inchiesta c’è anche l’area ex Falck di Sesto San Giovanni. «Una vicenda - scriveva il gip - con risvolti commerciali e legali non chiari».
Ponzoni, però, è sereno. «Le competenze sulle bonifiche sono dello Stato - spiega - e alla Regione spettano controlli di tipo tecnico e gestionale».
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