(...) Chissà, forse (basta solo volerlo) sarebbe il caso di dare unocchiata alla mappa del porto e subito dopo al planisfero, fare qualche riflessione spicciola e concreta sulle correnti di traffico, abbandonare (per cinque minuti, per carità!) il dibattito sulla collocazione dellaeroporto da un milione di passeggeri allanno oltre la diga, e infine rimboccarsi le maniche per rimettere sulla rotta giusta una nave - lex scalo dei record - che può diventare un transatlantico, ma sta degradando a scialuppa di salvataggio ad uso esclusivo dei naufraghi della logica.
Sì, anche questo è vero: oggi non cè solo il Multipurpose a condizionare lesistenza - lo sviluppo è unaltra cosa - dei moli genovesi e dei suoi numerosi e a volte tanto folcloristici padroncini. I quali continuano a usare la tattica dei veti incrociati anziché la strategia dellimprenditore, accontentandosi di lucrare nel breve termine, «e chissenefrega del futuro dei giovani, ché intanto i miei figli, coi soldi che mi faccio adesso, li mando a vivere in America o a Hong Kong». Cè ben altro, purtroppo, a preoccupare quanti hanno a cuore un concetto elementare: Genova è il suo porto, può e deve diventare una città portuale di Serie A, o meglio da Champions League, realizzando finalmente col suo porto un matrimonio damore e dinteresse. Generale. Ecco: cè, partendo da ponente, la questione del sistema informatico Cosmos, che ha già provocato 70 milioni di euro di danni a spedizionieri e autotrasportatori per la serie di blocchi al Voltri Terminal Europa. Il fatto che siano sparite le code del primo giorno ai varchi è tuttaltro che una bella notizia: significa semplicemente che i tir hanno preso altre strade, altri porti del Mediterraneo se non addirittura la via di Amburgo e Rotterdam. In realtà, senza sottostimare la vicenda Novi-Multipurpose, il fatto è che il nuovo software installato a gennaio per individuare e coordinare i contenitori in banchina ha avuto leffetto di mischiare i «cassoni» in partenza e in arrivo. La situazione: i container possono uscire, ma non entrare. Le prospettive: si parla di effettiva messa a punto del sistema «nellarco di alcuni anni». Sempre a ponente, e sempre senza sottostimare la vicenda Novi-Multipurpose: gli operatori denunciano «gravi intoppi burocratici, per quanto riguarda le ispezioni della merce (pare che non siano sempre disponibili le chiavi per aprire immediatamente le casse contenute allinterno dei container) e per quanto riguarda la sequenza dei controlli da parte degli ispettori dellIstituto commercio estero, dei fitopatologi, dei veterinari, della dogana».
E poi, senza sottostimare la vicenda Novi-Multipurpose, spesso ci si mette di mezzo il vento: se arriva a 70 allora, si ferma tutto (allestero e in altri porti italiani deve superare i 90). Giusto tutelare la sicurezza dei lavoratori, ma forse cè qualcosa da rivedere nella taratura dei sistemi di movimentazione dei carichi. Procedendo verso levante: come si fa a non parlare della cronica carenza di spazi? Ne ha parlato immediatamente il nuovo presidente dellAutorità portuale Luigi Merlo come una delle priorità da affrontare. Poi cè il problema dei dragaggi: al Multipurpose «si pesca» per una decina di metri al massimo, al Vte scendiamo a 15. Ci si chiede, sempre senza sottostimare la vicenda Novi-Multipurpose: come ci arriveranno a Genova le «navicelle» tipo Emma Maersk che ufficialmente caricano 11mila container e ufficiosamente duemila di più e hanno un pescaggio di 15 metri e mezzo? Chiedere lumi a Pecoraro Scanio e agli ambientalisti che si oppongono ai dragaggi. Ne sa molto lo stesso Merlo che viene dalla Spezia. A proposito: il nuovo timoniere di palazzo San Giorgio allesordio ha auspicato un coordinamento fra i porti del «sistema ligure», un vecchio pallino dellex presidente Giuliano Gallanti (sì, proprio quellavvocato Gallanti predecessore di Novi e firmatario di un piano regolatore portuale che non è stato ancora applicato!).
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