"Porto il dolore in scena Il senso di colpa ci fa belli"

L'attrice a Roma per "Ville-Marie", film in cui è una madre imperfetta: "Le star sono come le bambine, non crescono mai"

"Porto il dolore in scena Il senso di colpa ci fa belli"

RomaArriva Lady Bond, Monica Bellucci, l'unica star che catalizza i riflettori sul fiacco festival di Roma, ed è subito diva. Semplice, ma professionale e calma anche quando le fanno domande cretine («Che vuol dire essere star?») o cafone («Perché, ultimamente, giri film a basso costo?»), mentre parla di Ville-Marie , film drammatico di Guy Edoin ieri di scena, che forse non vedremo e dove lei incarna un'attrice, Sophie, in crisi con il figlio gay, tormentato studente a Montréal. Abito in voile a fiori bianchi e neri, aria ragazzesca immune al mezzo secolo d'età, chioma corvina oltre le spalle, Monica è glamour senza strass.

Che cosa l'ha spinta a girare in Canada, con un regista giovane?

«Un personaggio di donna interessante, ricco di sfaccettature: è un'attrice e una madre, come me. E affronta i problemi della vita proteggendosi con la maschera dell'attore. Lungi dall'essere una madre perfetta, come vorrebbe essere, dovrà togliersi l'armatura per mostrare al figlio Thomas che è pronta ad essere solo una donna, solo una madre. Sciogliendo il nodo tra loro: il giovane non sa chi sia suo padre».

C'è una scena, nel film, molto forte: quando, nel bagno d'un pronto soccorso, si toglie le ciglia finte e lava via il trucco, rivelando occhi pesti e viso stanco al naturale. Come l'ha preparata?

«Il dolore, nel film, si deve sentire. Quando è dentro di te è anche fuori di te. E non puoi avere una faccia da copertina. Mi sono concentrata sulla gestualità. D'altronde, le attrici hanno tante principesse dentro di loro».

Qui c'è un film nel film: interpreta un'attrice famosa degli anni Quaranta, che è anche una madre con sensi di colpa…

«Tutti hanno il loro trauma. Siamo in una cultura giudaico-cristiana, i sensi di colpa ci vogliono. Il senso di colpa ci fa belli… Le persone che non ne hanno sono pericolose. La mia Sophie si redime grazie al rimorso di non essere stata una madre presente».

Nella vita è madre di Deva, 11 anni e Léonie, 5 anni e mezzo: quanto ha messo di sé nel ruolo?

«Ho chiesto alle mie amiche com'è essere madri d'un maschio di 20 anni, per ispirarmi. E ho capito d'avere ancora 3-4 anni, prima che le mie figlie mi si rivoltino contro. C'è però un momento comune: quando dovremmo smettere di dire “Io sono la madre” e chiedere scusa ai figli. Alle mie bambine dico sempre: “Prendete la parte migliore di vostra madre e di vostro padre e buttate via tutto il resto”».

Recita in serbo nel film di Emir Kusturica L'Amour et la Paix , storia d'amore in tempo di guerra. A che punto sono le riprese?

«Durano da tre anni, ormai. Non riusciamo a chiudere, perché lavoriamo soltanto d'estate. Quando non ci sono problemi di clima: si tratta d'un film girato tutto in esterni, nella Bosnia del nord. Recitare in serbo m'intimorisce: temo di sbagliare, quando pronuncio le battute».

Da attrice globale, dov'è di casa?

«Mi sento italianissima, anche se adoro la Francia e la sua laicità. Il mio lavoro è denso di incertezze, però su una cosa posso dire che vado sicura: sono italianissima su tutto. Il mio modo di pensare, di mangiare, di rapportarmi al bello, tutto, in me, è italiano».

A cinquant'anni, quale bilancio della sua carriera?

«Quando ho cominciato, non pensavo che avrei lavorato a Parigi e all'estero. È venuto così. Quando mi trovo davanti alla camera, per me non cambia che si tratti d'un film low budget o grande: il mio lavoro è sempre lo stesso. Puoi avere tre assistenti, invece di uno. Ma che cosa cambia?»

Molte donne temono l'avanzare del tempo. E lei?

«Non bisogna essere fieri della propria bellezza, che è soltanto un regalo che ci viene dato. Quando comincia a invecchiare, un'attrice può fare altre cose, che prima non poteva fare. Dalle mie nonne ho imparato che da vecchie si può essere meravigliose, lavorando sulla sostituzione della bellezza biologica. Così, la vecchiaia non esiste».

In pratica, non si sente una diva?

«Le star

sono i bambini, stelle che brillano. Sono le mie figlie, piene di luce. Perciò in Francia le attrici restano mademoiselles tutta la vita. Dive che restano bambine. Allora sì, sono una diva: una bambina che non cresce mai».

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