Prandelli studia da Sacchi «L’Europeo comincia ora, i club mi diano una mano»

«Dopo un anno abbiamo scollinato ma il mio europeo comincia già oggi». Cesare Prandelli non è un ct capace di sorprendere con annunci mirabolanti: può apparire persino scontato se non si coglie quel tratto del temperamento che gli è più congeniale, l’umiltà e il basso profilo. Scollinare la qualificazione è il primo successo da ct: valorizzarlo con quella frase significa che, un anno fa, più o meno di questi tempi, non era semplice profetizzare un passo così svelto e agevole nelle pieghe di un girone alla portata d’accordo ma non proprio una passeggiata di salute. Prandelli e la sua giovane Italia, alla ricerca del gioco e anche del credito che nessuna agenzia di scommesse continua a riservargli (pensate: a dispetto delle sette vittorie e dell’unico gol subito dalla difesa azzurra, l’eventuale trionfo in Polonia viene “bancato” a 12, segno inequivocabile di scarsa fiducia degli scommettitori), sono convinti di aver fatto il minimo sindacale. Da domani comincia l’impresa, da preparare con cura dei dettagli secondo la tecnica inaugurata da Marcello Lippi al mondiale di Germania. Con una sola stoccata dedicata ai Della Valle: «Nessuno può spezzare il mio legame col pubblico viola».
Perciò è diventata notizia la richiesta presentata a corredo della qualificazione raggiunta. «Chi pensa che potremo andare in ferie nei prossimi sei mesi, si sbaglia» è la premessa del ct deciso a reclamare, di questi tempi, la collaborazione dei club. «Io chiedo solo qualche ora in più di lavoro a disposizione, di avere un giorno a settimana per reparto, neanche tutti insieme» è la sua promessa che ci riporta inevitabilmente alla stagione degli stages inaugurata da Arrigo Sacchi selezionatore. Solo che a quei tempi, la federcalcio era governata da un temutissimo Antonio Matarrese e i suoi diktat venivano osservati come precetti. L’inziativa non è rivoluzionaria ma può servire a cementare intese e amicizie: un giorno a settimana, da scegliere tra gennaio e marzo del 2012, infilandolo nelle settimane libere da coppe e turni infra-settimanali, per tenere sotto pressione portieri e difensori, poi i centrocampisti, infine gli attaccanti.
Non è la scoperta dell’America, intendiamoci ma può servire di sicuro. Il resto deve avvenire attraverso altri passaggi. Per esempio la ricerca di difensori laterali di maggior affidabilità rispetto all’attuale Cassani. Abate è una carta che Prandelli non può ignorare qualora il giovanotto dovesse ripetere la strepitosa stagione dell’anno prima. Poi bisognerà compiere scelte crudeli in fatto di attaccanti. La seconda è in attacco: qui Gilardino, confessione pubblica di Prandelli («l’ho mandato in tribuna perché l’ho trovato poco sereno negli ultimi tempi»), deve forse cambiare società, pubblico e sede per recuperare quel talento che un tempo lo portò addirittura a Milanello al fianco di mostri sacri come Inzaghi e Kakà. Fondamentale la maturità di Balotelli che a Firenze, in venti minuti, ha dato dimostrazione di come possa risultare prezioso per il club Italia oltre che per il City. «È venuto il momento in cui deve pensare solo a giocare» è stata la chiosa di Prandelli. Gigi Riva che ne ha conosciute di teste calde nei suoi anni preziosi vissuti a Coverciano, è ancora più esplicito: «È difficile trovare uno con le caratteristiche di Mario, così veloce e potente sulla fascia, dotato di quel gran tiro».
Basterebbe SuperMario per rendere l’Italia competitiva tra meno di dodici mesi? Pirlo ha fornito una risposta che è una sorta di provocazione collettiva. «Possiamo vincere» la sua dichiarazione semplice e lineare. Bisogna avere una lucida follia per inseguire certi traguardi, nella vita come nel calcio.

«Non è il caso di pensarci adesso ma ho visto nei ragazzi una gran voglia di vincere, questa è la nostra forza. Dobbiamo ancora crescere come squadra» è il commento di Prandelli che si appresta a trascinare in Ucraina e Polonia tre dei superstiti di Berlino 2006 (Buffon, Pirlo, De Rossi).

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