Roma - Non solo riforme, ma pure una decisa messa a punto del Pdl. A più di una settimana dal voto, Berlusconi sembra intenzionato a capitalizzare il risultato delle regionali in ogni direzione. Non solo, dunque, lanciando una nuova stagione riformatrice che possa approfittare dei tre anni che mancano alla fine della legislatura in cui non ci saranno tornate elettori di rilievo (solo i sindaci di alcune importanti città, e la maggior parte dei risultati sono scontati), ma pure strutturando il Pdl che - nonostante qualche incidente di percorso - alla fine ha tenuto oltre le previsioni.
Certo, il nodo chiave resta quello delle riforme. Anche perché ci sarà da trovare una quadra tra le diverse posizioni in campo. Per dirne una, al Cavaliere sembrerebbe non piacere troppo il doppio turno alla francese caldeggiato ieri da Fini. Un modello che secondo il premier ha due controindicazioni: la prima è la complessità, visto che comporta il ritorno degli elettori alle urne dopo pochi giorni dal primo voto, favorendo quindi l’astensionismo; la seconda è il costo delle operazioni di voto che risulta raddoppiato. Difficile, dunque, che Berlusconi sposi la linea di Fini, anche perché sul punto era stato chiaro già prima del voto: l’attuale sistema è perfettibile, ma nel complesso ha funzionato bene.
Sempre sul fronte riforme istituzionali, invece, il Cavaliere non sembra troppo preoccupato delle agitazioni delle ultime ore. La decisione di Calderoli di salire al Quirinale con una prima bozza l’ha decisamente sorpreso, ma anche nella cena con i senatori ha ripetuto che «la Lega è alleato prezioso» e che di Umberto Bossi si fida «ciecamente». Il problema è più nei vertici del Pdl, visto che capigruppo e vicecapigruppo non hanno affatto gradito l’exploit del ministro del Carroccio. «La Lega non può pensare ad ascoltare solo l’opposizione - chiosa il vicepresidente dei deputati del Pdl Osvaldo Napoli - ma deve anche confrontarsi con i suoi alleati».
La priorità, però, resta il capitolo giustizia di cui il premier si è occupato anche ieri nonostante la lunga parentesi di relax nel Senese. A partire dal ddl intercettazioni fermo al Senato. Il testo sarà rivisto raccogliendo - spiega il premier durante la cena di mercoledì - le indicazioni del Quirinale. Anche se non è affatto escluso che nel provvedimento siano aggiunte norme severissime per i giornali che pubblicano le intercettazioni. Di certo - dice Berlusconi ai senatori del Pdl - l’intenzione è quella di modificare e fare approvare il ddl al Senato per poi mettere la fiducia alla Camera.
Ed è proprio su questo fronte che potrebbe aprirsi una convergenza con l’Udc, da sempre sensibile sui temi della giustizia. Perché se i centristi smentiscono una telefonata tra Cesa e il Cavaliere è pur vero che qualcosa è in movimento. Lo dimostrano non solo le preoccupazioni dell’Api di Rutelli che invita Casini a «non ascoltare le sirene», ma pure la presa di posizione del segretario centrista che vede in modo «positivo» il fatto che Berlusconi cerchi il dialogo con l’Udc. In privato, in verità, qualche perplessità il premier continua a manifestarla, ma le diplomazie sono evidentemente in movimento se anche Il Mattinale - la rassegna stampa ragionata che arriva tutti i giorni sul tavolo del premier - ieri dedicava un paragrafo all’Udc che «convince a destra» (perché avrebbe guadagnato voti solo nelle regioni in cui era con il Pdl).
Altro capitolo, il partito. Il Cavaliere - che ieri ha anche salutato con orgoglio l’accordo tra Obama e Medvedev per il disarmo: «Premiato il mio impegno in campo internazionale per superare le contrapposizioni» - è infatti dell’idea di dare voce ai tanti che da tempo chiedono una «maggiore democrazia interna», al punto che ha deciso di discutere la road map delle riforme prima nell’ufficio di presidenza del Pdl (due giorni fa) e poi nella direzione e nell’assemblea nazionale (questi ultimi fino a oggi mai convocati). Non è un caso, dunque, che sempre nella cena di mercoledì il premier abbia detto di voler riunire l’ufficio di presidenza «almeno» ogni due mesi. E in questa direzione è pure l’intenzione di andare sulla via dei congressi comunali (entro fine 2010) e provinciali (nella prima metà del 2011), con l’intenzione di convocare il secondo congresso nazionale del Pdl nel 2012. Una sorta di giro di boa rispetto ai tre anni che mancano di qui alla fine della legislatura, nei quali Berlusconi è deciso a portare in porto le riforme.
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