Il premier ribelle da Berlusconi Sul tavolo pace e ricostruzione

No a vendette sommarie: Muammar Gheddafi va consegnato al tribunale internazionale de L’Aja. La Libia non deve diventare un protettorato di inglesi o francesi. L’Italia sarà in prima fila nella ricostruzione e nella formazione delle nuove istituzioni. Non solo: il trattato di amicizia italo-libico, ora sospeso, potrebbe venir resuscitato. Questo e altro verrà discusso nell’incontro fra il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, e il premier provvisorio dei ribelli libici, Mahmoud Jibril. I due si vedranno oggi in prefettura a Milano alle 12.30. Sarà presente il ministro degli Esteri, Franco Frattini. Il vertice servirà per uno scambio di informazioni riservate sulla situazione dopo la conquista di Tripoli da parte dei ribelli, dove si combatte ancora. Fin da una telefonata con Jibril del 22 agosto Berlusconi aveva invitato il Cnt «ad evitare qualsiasi vendetta». Non sarà facile, a cominciare dalla sorte del raìs, che ha una taglia sulla testa. La posizione ufficiale italiana è che il colonnello deve venir consegnato al tribunale penale internazionale, che lo accusa di crimini contro l’umanità. «Sappiamo che non è l’intendimento del Consiglio transitorio, che vorrebbe processarlo in patria. Però una spettacolarizzazione in Libia, come Mubarak in Egitto, non farebbe che ritardare la transizione» spiega una fonte diplomatica che conosce i punti dell’incontro di Milano. Il faccia a faccia italiano con Jibril, dopo la sua visita a Parigi di ieri, dove ha incontrato il presidente Nicolas Sarkozy, è pure un segnale per gli alleati europei che hanno partecipato alla guerra. L’Inghilterra già medita di mandare truppe di «pacificazione» sul terreno. «La Libia non deve diventare il protettorato di nessuno» spiega la fonte diplomatica del Giornale.
Berlusconi non imporrà propri candidati per la transizione, come Abdel Salam Jalloud, ex braccio destro di Gheddafi e poi suo oppositore, giunto a Roma con l’aiuto dei nostri servizi segreti. Nell’incontro si discuterà, invece, del trattato di amicizia italo-libico. L’anniversario della firma con Gheddafi è il 30 agosto e l’Italia «vorrebbe che venisse riattivato con il nuovo governo libico, sia sul piano politico che economico». Frattini aveva già firmato, proprio con Jibril, l’impegno al contrasto dell’immigrazione clandestina e nella lotta al terrorismo previsti dal trattato. L’Italia è in prima linea nella rifondazione delle istituzioni, soprattutto nel campo della sicurezza dei porti, addestramento della guardia costiera e ricostituzione delle dogane. Oltre alla formazione dei quadri sanitari e di giornalisti libici (una quindicina ha già seguito dei corsi nel nostro paese). Jibril dovrà impegnarsi al rispetto dei contratti che il regime di Gheddafi aveva firmato con l’Eni, compresi i futuri sfruttamenti dei giacimenti nel bacino della Sirte. Il grande impianto di Mellita, da dove parte il gasdotto per l’Italia, deve tornare a pieno regime, appena finiranno i combattimenti vicino al confine con la Tunisia. Stesso discorso per il terminal orientale di Brega. L’Italia parteciperà alla ricostruzione e ne discuterà alla conferenza di Parigi fissata il primo settembre. Nel vertice di Milano verrà ribadito che le imprese italiane devono tornare in Libia recuperando i contratti interrotti e magari ottenendo indennizzi per i danni subiti. Per la camera di commercio Italafrica, 100 miliardi di euro.

«Un punto focale dell’incontro riguarderà la rimozione delle sanzioni e lo scongelamento dei beni libici» spiega la fonte diplomatica. Nel nostro paese sono bloccati 10 miliardi di euro del regime. Jibril chiede lo sblocco di 2,5 miliardi entro fine mese «per pagare gli stipendi dei libici e sostenere l’onere delle cure ai feriti nei combattimenti».

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