Luca Telese
nostro inviato da Madrid
In una visita lampo di poche ore, dalla mattina alla sera, arriva e incontra quattro fra i leader più importanti della politica spagnola. Di prima mattina, lattuale presidente del Partito popolare Mariano Rajoy; allora di pranzo il ministro degli Esteri (quello zapateriano, ovviamente) Miguel Angel Moratinos, grande esperto di questione mediorientale, con cui ha stretto un legame quando erano colleghi; a metà pomeriggio è nellufficio di Esperanza Aguirre, nello splendido palazzo della Comunità di Madrid, tutto marmi e cristalli post moderni. In serata, proprio poco prima di ripartire, il dialogo più importante, il faccia a faccia che dura quasi unora con il padre e padrone del Partido popular José Maria Aznar, luomo che pur non ricoprendo incarichi operativi, resta il grande regista della politica spagnola, e uno dei nomi più pesanti nel board del Ppe: «Caro Gianfranco», gli ha detto accomiatandosi, «ora questa è casa tua».
Insomma, capisci il peso di un ministro degli Esteri, anche solo gettando un occhio sullagenda complessa di questo viaggio che Gianfranco Fini compie in Spagna (accompagnato da una micro delegazione: la sua capo ufficio stampa Rita Fantozzi, il deputato Enzo Raisi - spagnolo per parte di madre - e il portavoce Andrea Ronchi), per cementare le ragioni di consonanza, che lo stanno legando sempre di più alla famiglia dei Popolari europei.
Ovviamente, è ancora più interessante lordito di questi incontri. Ad esempio la simpatia e lintesa che lo legano a un leader che pure è di sinistra come Moratinos, oppure lo stupore di Rajoy, quando si sente dire una cosa per noi ovvia, ovvero che «in Italia molti considerano di destra la politica di Zapatero sullimmigrazione». Capisci anche, in questo tourbillon di incontri, che negli anni della Farnesina, Fini ha cementato dei legami personali, umani, politici ed extrapolitici, che lo rendono credibile agli occhi dei suoi interlocutori anche oltre le ragioni di partito. Quando entra nellufficio del presidente del Partido Popular, è lo stesso leader spagnolo a dirgli esplicitamente: «Noi vediamo assolutamente di buon occhio il processo di razionalizzazione, che porterà entro le elezioni europee, tutto il centrodestra italiano nel Ppe». E ancora: «Una vostra adesione, non solo corrisponde a una strategia giusta, ma è anche auspicabile». Infine una frase che dà lidea della percezione del Fini-leader agli occhi dei suoi interlocutori europei: «Io ho seguito il tuo percorso politico, lho sempre seguito e sempre apprezzato». Quindi, non si tratta per Fini di un «esame di ammissione», come aveva ipotizzato qualche osservatore alla vigilia, ma di un dialogo che è molto più avanti, uno scambio di opinioni che sottintende ladesione a una comune famiglia europea. Persino Moratinos, che di quella famiglia non fa parte, esplicita subito la sua familiarità con Fini con un caloroso: «Ciao Gianfranco!». Anche perché i due hanno da discutere della cosiddetta «proposta DAlema» sullipotesi di inviare truppe internazionali a Gaza. E il colloquio si è chiuso con una battuta sui paradossi dei bipolarismi comparati: «Ah - aveva sospirato Moratinos - voi siete daccordo con il vostro governo sullingresso della Turchia nella Nato, avete votato a favore della missione in Libano, mentre il Pp qui si è opposto. Come mi piacerebbe avere unopposizione simile alla vostra». Ma è evidente che nel colloquio con il leader del Partido Popular invece emergono gli elementi di sintonia identitaria fra la destra italiana e quella spagnola. Parlando con Rajoy, conia una locuzione che potrebbe avere fortuna anche in Italia: «Quello che ci unisce, nella polemica contro il centrosinistra italiano, e i socialisti spagnoli, è la battaglia contro la sovversione dei valori». «Sulle questioni civili, sui matrimoni omosessuali, sulle questioni religiose - dice Fini - è evidente che la nostra comune concezione dellEuropa, dei suoi valori, della risposta che si deve dare a grandi questioni come quella dellimmigrazione, ci unisce nella comune battaglia contro le sinistre».
Lultimo incontro quando il buio cala su Madrid, con Aznar. E dal leader più prestigioso del popolarismo spagnolo non arriva un nullaosta ma un benvenuto.
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