La Procura ha fretta: rito immediato per Silvio «C’è la prova evidente»

MilanoL’ufficio al settimo piano del palazzo di Giustizia è piantonato dai carabinieri. Le carte sono in cassaforte. È il D-day. Meglio, il B-day. È il giorno in cui la Procura di Milano firma la richiesta di giudizio immediato per Silvio Berlusconi, chiedendo che venga processato per i reati di concussione e prostituzione minorile. Le 782 pagine che compongono la richiesta di giudizio immediato (oltre a diverse centinaia relative alle procedure per le intercettazioni) sono da ieri in mano al gip Cristina Di Censo, chiamata a decidere delle immediate sorti giudiziarie del premier. Tra cinque giorni, il Cavaliere saprà se sarà costretto a presentarsi nuovamente in un’aula di tribunale.
Il termine fissato dal codice non è perentorio, ma il giudice sembra intenzionato a rispettarlo. Il conto alla rovescia è partito. E quando la riserva del giudice sarà sciolta - verosimilmente, tra lunedì e martedì - le parti potranno avere accesso agli atti. Così, il complesso delle fonti di prova raccolte dai pm sarà svelato. Verbali, testimonianze, passaggi di denaro. E poi le intercettazioni. Tutte, tranne quelle che riguardano direttamente il capo del governo. Perché Berlusconi - anche se indirettamente - è stato ascoltato dagli investigatori nel corso di un pugno di conversazioni telefoniche con alcuni degli indagati. Quattro o cinque, non di più. Conversazioni «irrilevanti ai fini dell’inchiesta - spiega il procuratore capo Edmondo Bruti Liberati - di cui non verrà chiesta alla Camera l’autorizzazione all’utilizzazione». Dunque, quei nastri saranno distrutti. Salvo «spifferi», le chiacchiere private del premier resteranno tali. Chiacchiere. Di foto, invece, neanche l’ombra. Le famigerate immagini di Papi desnudo (ci sono? Non ci sono? Qualcuno le ha viste?) restano allo stato un bluff. O perlomeno, interessano ai magistrati meno di quanto non facciano con agenzie, malavitosi immaginari («bomba» lanciata da Fabrizio Corona) e procacciatori di falsi scoop. Quel che importa ai pm di Milano è tutto in quelle 800 pagine o poco meno. È lì che è custodita la «pistola fumante». Secondo la Procura, «l’evidenza della prova» è in quelle carte.
Dopo una settimana vissuta tra dubbi procedurali, dunque, il pool milanese ha deciso che era opportuno procedere con la richiesta di giudizio immediato per entrambi i reati. Spiega Bruti che «a seguito di un’attenta ricognizione dei problemi di diritto e di scrupolosa analisi dei precedenti, questo Ufficio ha ritenuto di non doversi discostare dalla linea seguita a Milano in tema di richiesta di giudizio immediato anche per reati connessi (in questo caso la prostituzione minorile, ndr), essendo pienamente assicurate le garanzie di difesa». Quanto ai contrasti interni ai magistrati titolari del fascicolo, il procuratore prende in prestito un passaggio del Saggio sulla libertà di John Stuart Mill. «Dedicare un’attenzione uguale e imparziale alle opposte ragioni - legge il magistrato - cercando di vederle il più chiaramente possibile». Insomma, nessun contrasto. Piuttosto, una lunga fase dialettica. E il succo, dopo tanto spremere, è scontato: la competenza resta a Milano. Per il presunto reato di concussione, è la tesi dell’accusa, Berlusconi agì «con abuso della sua qualità e non nell’esercizio delle sue funzioni».

Tradotto, «non sussiste l’ipotesi del reato ministeriale», e «le motivazioni della Camera (che ha bloccato la perquisizione degli uffici di Giuseppe Spinelli, amministratore del portafoglio personale del Cavaliere, ndr) non sono vincolanti». Per l’avvocato Ghedini, così la Procura di Milano «viola la Costituzione». Bruti non si scompone. «È una sua opinione». È l’ora dello scontro frontale. È il B-day.

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