Roma - Il governo estende i benefici del «cuneo fiscale» a banche e assicurazioni, ma non sa come reperire il miliardo di euro necessario a finanziare l’allargamento nel triennio 2007-2009. «Ci sono alcune ipotesi sul tappeto, ne discuteremo con le parti interessate», dice un imbarazzato sottosegretario alla presidenza, Enrico Letta. L’unica cosa che pare sicura è che saranno gli stessi settori interessati all’argomento del «cuneo» a pagare il conto: o con una rimodulazione dell’Irap, o con l’aumento dei contributi destinati alla cassa integrazione. È il viceministro dell’Economia Vincenzo Visco a confermarlo, aggiungendo che il taglio del cuneo mette a disposizione, a regime, 5 miliardi di euro per le imprese: «Speriamo - dice - che ne facciano buon uso».
Il decreto varato dal Consiglio dei ministri - convocato del tutto casualmente alla vigilia dell’assemblea della Confindustria - sblocca finalmente, a partire dalla prossima rata, il taglio Irap del 26,7% a favore delle imprese. Taglio che la Commissione europea ha preteso venisse esteso a banche e compagnie d’assicurazione, dapprima escluse. In imbarazzo nel trovare la copertura all’allargamento, il governo ha pensato a far pagare il «maltolto» agli stessi beneficiari, estendendo la cassa integrazione ordinaria e straordinaria al settore creditizio-assicurativo, con tanto di prelievo contributivo (2,8% a carico delle aziende e 0,3% sui dipendenti). Ma qualcosa dev’essere andato storto. I sindacati hanno protestato vivacemente, le banche silenziosamente ma per canali efficaci, così per il momento s’è bloccato tutto. Il governo dovrà trovare i fondi durante l’iter del decreto. Maurizio Sacconi (FI) denuncia il «tempismo sospetto» della decisione e ricorda, comunque, che «nessuna impresa ha visto finora la riduzione del costo del lavoro».
L’atmosfera, in Consiglio dei ministri, non era certo di festa. Si racconta che il ministro Emma Bonino abbia vivacemente protestato per l’escamotage finanziario che non risolverebbe la controversia con Bruxelles, e che il suo collega dell’Università Fabio Mussi, abbia criticato il «favore» fatto a banche e assicurazioni. Non è bastato certo l’ottimismo di maniera di Pierluigi Bersani - secondo cui il cuneo «darà sprint all’economia» - a migliorare l’umore della riunione di governo. Il ministro dello Sviluppo potrà comunque presentarsi all’assemblea della Confindustria, stamattina, sventolando i tagli del cuneo fiscale. «Prodi ha rispettato l’impegno», ha commentato a caldo Luca di Montezemolo.
Lasciate il Tfr in azienda. Il governo ha varato l’operazione Tfr, che punta a finanziare con la futura liquidazione dei lavoratori la previdenza integrativa. Tuttavia, un ministro dello stesso governo - il titolare della Solidarietà, Paolo Ferrero - dice: «Consiglio ai lavoratori di lasciare il Tfr in azienda», e non investirlo nei fondi pensione. Un’affermazione sorprendente, che arriva a poco più d’un mese dalla scadenza - il 30 giugno - fissata per la scelta da parte degli interessati. «I lavoratori non si fidano, hanno sentito troppe notizie sui fondi pensione falliti, e la pensione è una cosa seria. Se un lavoratore mi chiedesse un suggerimento - precisa Ferrero - gli direi: lascia il Tfr in azienda». Peccato che, nelle imprese con oltre 50 dipendenti, quel Tfr finisca dritto dritto nelle casse dell’Inps. Persino la Cgil è rimasta esterrefatta dalle parole del ministro.
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