Como - Dalla piazza del Duomo, sotto le finestre del vescovo che aveva criticato l’uscita sui cattolici e la sinistra (al quale replica con un sorriso ossequioso «i vescovi hanno sempre ragione»), Silvio Berlusconi infila l’elmetto contro il governo Prodi, il «governo dell’oppressione fiscale, burocratica e giudiziaria»: «Un male sinistro che dobbiamo curare mandandolo a casa al più presto con il voto delle elezioni amministrative». Alla maggioranza che smorza il peso del voto siciliano, il leader del centrodestra ribatte caricando invece le consultazioni locali di «una valenza nazionale, un segnale dato a tutta Italia: un avviso di fine corsa al governo di Prodi e delle sinistre».
La campagna elettorale galvanizza Berlusconi. Saltella quando i tremila di piazza Duomo cominciano a scandire «chi non salta comunista è» («manifestazione espressiva rozza ma efficace», commenta dal palco), esalta le bellezze locali («spero di poter finire di vivere qui tra tantissimi anni»), applaude l’Inter che ha sede nella vicina Appiano Gentile (si vota anche lì). Dopo il comizio, prima di riprendere l’elicottero a Villa d’Este, si concede una passeggiata sul lungolago e un gelato alla pasticceria Monti per autografare i santini elettorali del candidato sindaco Stefano Bruni. Quando qualche goccia cade sui tavolini balza in piedi: «Come si dice in questi casi, piove governo ladro», ridacchia alla piccola folla che lo circonda. E poi, coppe crema-cioccolato per tutti: «Ho speso 280 miliardi per gli avvocati in questi anni, figuriamoci se non posso offrirvi un gelato».
Sul palco Berlusconi elogia i cinque anni di Bruni e tutte le cose fatte a Como, dal depuratore alla prossima installazione di dighe mobili come a Venezia contro le tracimazioni del lago: «Come un presidente del Consiglio, anche un sindaco ha bisogno di due mandati per completare il programma». Ma ricorda soprattutto che «queste elezioni devono anche confermare i sondaggi che danno la Casa delle libertà al 56 per cento e le sinistre al 42-43 per cento. Dove sono finiti quelli che hanno votato Prodi? Si nascondono, sparito anche chi mi mostrava il dito medio. Si vergognano di questo governo delle tasse, che ha bloccato le infrastrutture ed è diviso su tutto».
Anche nel centrodestra si discute molto, magari si litiga, «ma sui valori di fondo e sui principi siamo uniti». Parole che rafforzano la nota diffusa in mattinata: «Mi attribuiscono dichiarazioni nei confronti dei miei alleati che non ho mai pensato né detto. È ora di finirla con questa realtà romanzesca. Io mi tengo vicini e stretti il più possibile tutti i miei alleati, tutti indispensabili al centrodestra per essere maggioranza». Nel comizio Berlusconi ha poi ripetuto che non abbandonerà la leadership del centrodestra: «La gente mi invita sempre a tener duro. E non lascerò la politica finché non avrò ottenuto la separazione delle carriere dei magistrati». E, dati alla mano, difende la legge Cirielli.
L’attacco a Prodi, «dipinto come un gigante della politica mentre in tutte le foto fatte assieme si vede che è alto come me», è frontale. Succube «dei diktat di una sinistra estrema che crede ancora nel comunismo e attinge da quella ideologia di terrore, lacrime, sangue, morte, le indicazioni per ogni provvedimento del governo». Prigioniero dello statalismo: «Impone tasse inutili (per la prima volta hanno superato il 50 per cento del prodotto interno) perché le considera non il pagamento dei servizi pubblici, ma un mezzo per alimentare il potere dello Stato di cui si sono impadroniti i partiti». Schiavo «di chi accoglie i clandestini per contrasto con lo Stato borghese fondato sui diritti (primo quello di proprietà) e sulla libertà. Invece la politica delle frontiere e delle porte aperte è da cambiare: entrano immigrati senza lavoro e se vogliono vivere non hanno altra scelta che consegnarsi alla criminalità. Gli stranieri devono venire per dare una mano senza mettere i piedi sul tavolo». Scrosciano gli applausi.
«Questa sinistra non cambierà mai - urla Berlusconi -, sono mestieranti della politica senza ideali, gestori del potere bocciati dalla storia che considerano sfruttatori gli imprenditori e il risparmio un privilegio da tassare. Invece ci vuole gente nuova, uomini di impresa, organizzatori e produttori che abbiano dato dei risultati».
È un accenno indiretto alla legge sul conflitto di interessi, «un testo assurdo che impedisce a chiunque abbia avuto successo nella vita di dedicare la sua esperienza e le sue capacità al servizio dei concittadini. Ma non credo che in Parlamento ci saranno i numeri per l’approvazione, anche a sinistra ci sono tanti galantuomini».
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