Prodi in tv come al governo: gli italiani cambiano canale

Meno di un milione di spettatori e share ai minimi (12,42%) per la puntata con il premier protagonista

da Roma

Sì, è la storia di un rapporto difficile: è noto che Romano Prodi non ama la tv. Ed è nota anche la professione di antipatia del premier per i «talk show-spettacolo», che però lunedì sera non gli ha portato bene, se è vero che il suo 12.42 di share (un milione scarsino di telespettatori) è davvero un record negativo per Matrix e Canale 5 (riequilibrato da un indubbio successo «politico»). Certo, il Professore e i suoi consulenti, in testa il Portavoce unico Silvio Sircana, non hanno mai nascosto il disagio prodiano per il mezzo: ma stavolta Prodi ha fatto gravi errori di impostazione: quello che ha pagato di più è stato la rinuncia al contraddiTtorio.
È vero che la campagna elettorale del Professore era stata volutamente caratterizzata dall’assenza mentre quella di Berlusconi era stata segnata dall’onnipresenza («per lui efficace», ammette ironico Sircana). Ma è anche vero che il primo duello con il Cavaliere (di gran lunga la sua migliore esibizione sul piccolo schermo) aveva suscitato speranze nell’entourage ulivista. Sembravano lontani i tempi disastrosi in cui Prodi veniva stracciato da Berlusconi su Rete 4 (1996) mentre inneggiava pacioso alla «curva di Laffer» (ignota al 90% delle masse). Ed è per questo forse, che il crollo di Matrix - con una fossa delle Marianne dell’8.30 alle 24 e 31 è un brutto segnale per Palazzo Chigi.
Così, per capire cosa è successo, va valutata la strategia mediatica tenuta fino a ieri e l’obiettivo a Matrix. Prodi, infatti, dal suo ingresso al governo, aveva volutamente evitato i talk show. Nelle valutazioni con il suo staff non faceva mistero di detestare Porta a porta («tutta quella confusione e quei personaggi... »), mantenendo una costante: piccole cifre e qualità. Ovvero: solo dichiarazioni ai Tg, zero ospitate (tranne a Sky). La strategia? Rinunciare a intrattenimento e talk, e mantenere incredibili diffidenze persino per Lucia Annunziata (che su Raitre l’aveva torchiato sulle tasse alla vigilia del voto, in una performance da dimenticare).
Questa linea «minimale» è entrata in crisi dopo il Prodi bis, quando tutto lo staff ha detto al Professore che bisognava confrontarsi con una grande platea per invertire la tendenza. E perché non tornare a Mediaset, se Vespa era sgradito? Purtroppo per lui, Prodi ha accettato a condizione che venisse contrattata una «sterilizzazione» del programma. «Mentana può chiedermi quel che vuole - si è raccomandato - purché in studio non ci siano nani, ballerine, giornalisti». Così è stato. Per Mediaset era un trionfo vantare un ritorno che conferiva l’Oscar dell’autorevolezza a Matrix nel derby con Vespa: ma il risultato era uno studio spaventosamente desolato. Mentana è stato così ospitale, da raccomandare alla claque di applaudire «in qualunque momento». E in trasmissione sono arrivati ben otto applausi, su altrettante battute del Prof, che però davano l’effetto delle voci dalla panchina nelle partite «a porte chiuse».
Due soli servizi (uno sui Pacs e uno su Baudo), tre schegge di repertorio: in due ore di monologo prodiano, malgrado la nota verve del conduttore, era inevitabile l’effetto ninna-nanna (e così è stato). Tant’è vero che la curva dello share parte al 12%, registra un picchettino alle 23.

40 (15%), e poi galleggia fino alla fine, quando risale solo perché diminuisce il numero di spettatori. Lezione memorabile (non solo per Prodi): le domande scomode aiutano molto più dei monologhi soporiferi che piacciono tanto ai leader.

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