Gianni Pennacchi
da Roma
«Se Prodi deciderà che si vota Bertinotti, voteremo Bertinotti, come è naturale», ha sibilato Massimo DAlema lasciando a tarda sera lufficio di Romano Prodi. Il colloquio era stato lungo e cordiale come suol dirsi, condito pure da spumante e torta comparsi a sorpresa, per festeggiare i 57 anni del presidente dei Ds e addolcirgli lamaro boccone. Bel compleanno, gli ha regalato il premier in pectore. Eppure DAlema sera fatto precedere da una lettera di Piero Fassino («Divisione imbarazzante, devi prendere una decisione»), ne aveva copia per spiegargliela meglio, ma senza riuscire a stanar Prodi, né tanto meno convincerlo a ritirare linvestitura di Fausto Bertinotti alla presidenza della Camera, in suo favore. «Prodi si è riservato di valutare e poi dirà qual è la sua opinione», ha spiegato ancora DAlema. Quali sono i tempi? «Non lo so. Entro il 28 aprile senza dubbio», ha risposto con un sorriso amaro. Già, per la prima seduta del nuovo Parlamento il nodo dovrà essere sciolto, se non si vuol rischiare il ridicolo insieme al disfacimento. Ma trattandosi di una partita tra parenti serpenti, o fratelli coltelli se preferite, era pensabile che finisse ieri sera? Pur se Nicola Latorre, il dalemiano più dalemiano che ci sia, al mattino lo aveva solennemente promesso, «questa deve essere la giornata in cui la partita si chiude».
Contrordine compagni, invece. Ancora una giornata persa e buon compleanno al leader Maximo: chi sorride vicino alla vittoria è il compañero Fausto. Più che uno stallo è uno stagno, quello che vede impantanati i vincitori del 9 aprile. Non sono ancora al governo e già il castello di carte traballa. «Si è determinata una divisione, è un fatto oggettivo dal momento che ci sono tre candidati per due incarichi», ha spiegato DAlema con laria innocente di chi non vuole lo scontro, ma perfidamente lanciando un messaggio agli amici della Margherita. Già, se i Ds perdono Montecitorio, perché mai Franco Marini dovrebbe avere Palazzo Madama? Anzi, con Bertinotti alla presidenza della Camera, Anna Finocchiaro, che fa pure quota rosa, meriterebbe il timone del Senato. E poi, il Quirinale... Stan cercando in queste ore di convincere DAlema che se accetta le pedine già disposte - appunto Bertinotti alla Camera e Marini al Senato - sarà il candidato «unico e naturale» per la corsa al Colle. I numeri ci sarebbero, a partire dal quarto scrutinio, ma chi ci crede al figlio di un dio minore sullitalico Olimpo? Ora che anche la Cdl tifa per il Ciampi-bis, a DAlema non resterebbe che il ritorno coatto allEuroparlamento, commissione Caccia e Pesca. Tutto sommato, appare più concreta la soluzione sulla quale stan ragionando i colonnelli: il Parlamento a Marini e Bertinotti, la Farnesina a DAlema, Rifondazione avrà un solo ministero (la Giustizia per Giuliano Pisapia, probabilmente), tranquillo il Viminale per Francesco Rutelli.
Il che permetterebbe a DAlema di assaporar la vendetta su Fassino, che aspira fortemente agli Esteri, ed ora è sulla graticola col rischio di perdere pure la guida del partito. Lo andava spiegando da giorni, e ieri sera lex premier postcomunista lo ha ripetuto come inchiodasse una bolla di condanna: «Lunica cosa che non cè, e lho spiegato a Prodi, è che non cè nessun problema di carattere personale, perché io non mi sono candidato a nulla. La segreteria del nostro partito ha valutato la mia candidatura, mi è stato chiesto e devo dire che personalmente non ero neanche così propenso, tuttavia mi sono fatto carico di questa richiesta». Chiaro? Lui manco voleva correre per la presidenza della Camera, è stata unidea di Fassino ed ora veda lui come sbrogliar la matassa perché in politica chi rompe paga e perde pure i cocci.
In verità, anche Prodi non è che stia poi tanto bene. Certo, dopo quellindimenticabile ottobre 98, ieri ha goduto vedendo nelle peste DAlema e Marini, ma ora la palla avvelenata è sua. Oggi vedrà Bertinotti, il quale non cede di un millimetro, «per me non cambia nulla, resto sulle mie posizioni» ribadisce.
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