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Il programma più visto è un "non programma"

"Da Da Da", boom di ascolti per gli spezzoni romantici. Di fatto si tratta di un programma senza conduzione né commenti. Da Fantozzi a Mina allo "Studio Uno" passando per Bartali e Coppi, al "Musichiere"

Il programma più visto 
è un "non programma"

Profuma di Brillantina Linetti, di cera Grey, di lucido da scarpe Brill... E mentre le immagini scorrono vien voglia di sistemarsi sul balcone e di affondare la faccia in una fetta di cocomero fredda levata dalla ghiacciaia, di aprire la porta e di invitare il vicino con tutta la famiglia, di fargli portare le sedie da casa sua e di farlo accomodare per guardare la televisione assieme a noi che ce l’abbiamo. E ogni volta che quella gigantesca scatola magica manda bagliori a colori ci indispettiamo un po’ per il brusco risveglio negli anni Duemila. Sintonizzarsi su Raiuno alle 20.30, martedì, è stato come fluttuare dentro una bolla di nostalgia. Fuorviati dalla sigla pop dance del gruppo tedesco Trio, Da da da, ci siamo sistemati davanti a un pezzo di storia italiana.
Una sequenza ininterrotta di immagini, pescate dal repertorio televisivo e cinematografico: da Paolo Villaggio in Fantozzi subisce ancora, a Sandra Mondaini e Raimondo Vianello in uno sketch di Canzonissima datata 1969, Mina e Vittorio Gassman a Studio Uno nel 1966, una Raffaella Carrà del ’74, Fausto Coppi e Gino Bartali al Musichiere del ’59, Totò in Il giro d’Italia del 1948... Tutti montati a rotta di collo senza interruzione o conduzione. Più che un programma, un bellissimo non programma. Praticamente le Petites Madeleines di Proust, «che paiono aver avuto come stampo la valva scanalata d’una conchiglia di San Giacomo» per il ristoro del pubblico âgé.
Questo delizioso varietà, o «espediente televisivo» che dir si voglia, martedì ha fatto una marea di ascolti (4 milioni 50mila telespettatori e il 22.11 per cento di share) aggiudicandosi la palma del programma più visto della giornata.
Visto da chi? Da chi guardandolo si è ricordato dei suoi vent’anni, o giù di lì, si direbbe. Perché quando sei in pieno zapping da ricordi certi programmi sembrano un intero decoder. Ti ritorna su tutto quello che è bello torni su: dalla prima comunione al primo bacio. Con quelle immagini, con quei divi, con quelle canzoni.
Non a caso, il tanto vituperato «target commerciale», una volta tanto ci aiuta. Ci aiuta a stanare i malinconici del telecomando: tra gli over 55, Da da da è stato visto da 2 milioni 387mila telespettatori (27.56 per cento di share), ma nella fascia 15/64 da 2 milioni 297mila spettatori (20.42% di share) e in quella 15/34 da 488mila spettatori (17.06 per cento di share). Perché c’erano anche la Ferilli de La bella e la bestia (anno 2003), l’ultimo Festival di Sanremo di Paolo Bonolis, Gianni Morandi e Lucio Dalla sul ring di Uno di noi a darsela di santa ragione a colpi di canzoni (2002)... E perché il pubblico non si muove tutto assieme come le oche di Lorenz...


Ma le buone notizie, legate a questa chicca firmata da Elisabetta Barduagni, sono comunque tante: che gli unici rimasti appiccicati al divano dal caldo umido di quest’estate hanno qualcosa di delizioso con cui refrigerarsi, che le immagini delle teche Rai (e non solo) sono vive vegete e hanno ancora un appeal degno di Angelina Jolie, e, soprattutto, che il direttore generale della tv di Stato, Mauro Masi, può smetterla di dannarsi con «numeri zero», con «nuovi format», con il faticosissimo «telemercato», con infelici prove di programmi: quello che gli serve per i telespettatori di Raiuno ce l’ha già tutto in casa. Basta rimandarlo in onda.

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