Milano - Un carcere troppo aperto. Un carcere dove i detenuti possono procurarsi un telefonino con cui gestire dalla cella affari, delitti, amori. Che a San Vittore circolasse sottobanco qualche telefono era già emerso in varie inchieste, quando erano state casualmente intercettate chiamate provenienti dal vecchio carcere milanese: dove, in teoria, di telefonini non dovrebbero circolarne. Ma ieri un agente di polizia penitenziaria viene condannato a quattro anni di carcere per avere portato droga e telefonino a un detenuto. E il processo apre uno spiraglio di luce su un fenomeno vasto e radicato, su un traffico che avviene quasi alla luce del sole. Un fenomeno tanto grave che da Roma il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso avrebbe scritto al suo collega milanese Ferdinando Pomarici per chiedere una analisi dettagliata sulla facilità con cui i telefoni cellulari entrano in prigione.Il secondino condannato a quattro anni si chiama Maurizio Miriello, lo hanno preso in flagrante i carabinieri del Ros. In aula il pm Marcello Musso va all’attacco: parla di una rete di corruttele nel carcere, parla di cocaina che entra nelle celle. Che in carcere si consumi droga è senz’altro grave. Ma ad allarmare è soprattutto la diffusione dei cellulari. «Per l’attività criminale - dice il pm nella requisitoria - il telefono è uno strumento di lavoro fondamentale. Il telefono consente ai detenuti di continuare i traffici illeciti, di mantenere i legami con le organizzazioni, di dare e ricevere ordini».
A San Vittore circola anche un tariffario: un telefono completo di ricarica e scheda gsm, intestato ad un nome «pulito», costerebbe intorno ai 300 euro. In un giorno qualunque, a San Vittore, sarebbero attivi tra i quindici e i venti cellulari illegali. A occuparsi di farli entrare è sufficiente un numero anche piccolo di agenti penitenziari corrotti: d’altronde che tra i mille agenti che lavorano a San Vittore, pagati mille euro al mese, a contatto diretto con i detenuti, che qualche mela marcisca appare purtroppo inevitabile. Di certo gli stessi carcerati parlano della possibilità di procurarsi un telefono al mercato nero come di una faccenda di disarmante facilità. Racconta il detenuto Daniele La Face: «Il 13 febbraio avrei dovuto svolgere un colloquio con la mia fidanzata ma la stessa non si è presentata perché avevamo litigato. Pertanto ho pensato di procurarmi un telefono cellulare per contattare la fidanzata e ho richiesto all’appuntato Miriello se poteva portarmi un cellulare.
L’appuntato si rendeva immediatamente disponibile ad assecondare la mia esigenza, io gli promettevo che avrei ricambiato il favore appena ne
avrebbe avuto bisogno». Questa volta il telefono serviva al detenuto - dice lui - per questioni di cuore. Ma la Procura sa che di solito sui telefonini di San Vittore passano conversazioni che di romantico hanno molto poco.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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