Prosperini tenta il suicidio: «Chiedo scusa»

MilanoSmessi i guantoni da box. Niente più passerelle televisive. Persa, ormai, la poltrona di assessore. Anche il carcere è alle spalle. L’ultimo «confino» sono le mura di casa. Un orizzonte senza panorama. Soprattutto, senza una prospettiva sulla politica. Il suo terreno. Il palco che Pier Gianni Prosperini ha calcato negli ultimi vent’anni. E a cui ha dovuto rinunciare, travolto dallo scandalo delle tangenti intascate dal tycoon delle tv locali Raimondo Lagostena Bassi. Così, ieri mattina, l’ex assessore si è alzato di buon’ora. È andato nel suo studio e ha scritto tre lettere. Una alla moglie, un’altra alla figlia e l’ultima ai magistrati che hanno indagato su di lui. Quindi - verso le 7.30 - ha preso un bisturi, e si è tagliato alle braccia e alle gambe. Un tentativo di suicidio concluso con un ricovero in codice verde. Non ha rischiato la vita, Prosperini. Però «non sono riuscito a farla finita», ha detto prima ancora che lo portassero in ospedale.
«Non odio né i pm né i giudici», scrive nella lettera indirizzata ai magistrati. «Non ho nulla contro di voi». Però «la Regione non ha subito alcun danno dalla mia attività», perché «le scelte operative non competevano a me», e «non sono mai entrato in decisioni che abbiano turbato le gare d’appalto». Ed è l’accusa che la Procura gli ha rivolto, aver preso denaro per favorire il network di Lagostena. Nessun riferimento, però, alle tangenti. Piuttosto, una sorta di memoria difensiva per affermare la bontà del proprio operato. E poi «l’impianto accusatorio era imponente, così ho scelto di patteggiare per tornare a casa dalla mia famiglia». E anche alla famiglia, scrive. «Mi dispiace, vi voglio bene. Ma non considerate il suicidio come qualcosa da condannare moralmente». Poi ha impugnato il bisturi.
A trovarlo è stata la moglie. Prosperini era leggermente stordito da due pillole di Stilnox, un sonnifero che usava per combattere l’insonnia. Ha chiesto che non venisse chiamato il 118, per evitare il clamore dei media. Inutile. Ora è piantonato nell’ospedale San Carlo, con il permesso di ricevere le visite dei parenti. Dimagrito, altalenante nell’umore, provato. Una vicenda umana che colpisce anche chi su di lui ha indagato. «Al di là della vicenda giudiziaria - commenta il procuratore aggiunto Alfredo Robledo, che ha disposto il sequestro delle lettere - non possiamo che provare dispiacere per quanto accaduto, e augurargli di tornare quanto prima ai suoi affetti». Stesso augurio dal governatore Roberto Formigoni, che si è detto «molto colpito e addolorato, non capisco cosa possa essere passato nella sua testa». «Mi auguro - ha commentato il ministro della Difesa Ignazio La Russa - che ritrovi presto l’amore per la vita e la strada per uscire da questo terribile gorgo».
Ma intanto, niente più Prosperini judoka. O pugile. O tiratore scelto, alpino paracadutista e legionario. L’ex assessore - spiegano ora i suoi legali, Ettore Traini e Luigi Rossi - ha subito il contraccolpo psicologico della detenzione. «Il suo - dicono - non è un gesto dimostrativo né strumentale». Pesa, probabilmente, la traumatica uscita dalla scena politica. Ora più di prima, nel pieno della campagna elettorale per la «sua» Regione. O ancora, le ombre che le inchieste giudiziarie stanno proiettando sul suo passato e - inevitabilmente - sul suo futuro. Storie di un presunto traffico di armi con l’Eritrea che lo vedrebbero intermediario tra imprenditori italiani e funzionari di Asmara, di soldi trovati sui conti esteri (800mila euro su cui indagano la Procura e la Gdf), di rivoli finanziari di cui ancora non si conoscono provenienza e destinazione.

Così, l’ex assessore che pensava di aver chiuso con il patteggiamento a 3 anni e 5 mesi la partita giudiziaria (l’udienza sarà il 4 maggio) si è trovato a fare i conti con i tempi supplementari. E, forse, scoprendosi stanco all’idea di affrontare l’ennesimo round.

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