Prosperini: «Vado a casa e mi rimpannuccio un po’»

Prima di essere arrestato in diretta televisiva, Pier Gianni Prosperini rassicurò gli ascoltatori. «Macché arresto, sono qui bello paciarotto». Poche ore dopo, era chiuso nel carcere di Voghera. Ieri, dopo tre mesi in cella, all’ormai ex assessore vengono concessi gli arresti domiciliari. E, fuori dal penitenziario, rispolvera il meglio del suo vocabolario. «Adesso torno a casa e mi rimpannuccio». Insomma, mi riprendo un po’. Perché la detenzione «è un’esperienza che forma», però «bastava una settimana». E quanto al suo incarico in Regione, meglio metterci una riga sopra. «Credo che l’esperienza politica sia terminata, faremo altro, abbiamo molte altre prospettive. Francamente con la politica non sei in mano tua, e allora può succedere di tutto».
Dopo quasi novanta giorni dietro le sbarre, dunque, Prosperini torna nel suo appartamento di via Garibaldi. Il giudice per le indagini preliminari Andrea Ghinetti, che ieri ha firmato l’ordinanza, ha ritenuto assmissibile la richiesta avanzata dai legali dell’ex assessore, gli avvocati Luigi Rossi ed Ettore Traini. «Sono intervenuti fatti nuovi - scrive il gip nel provvedimento - che possono riverberarsi in particolare sull’intensità delle esigenze cautelari». Ovvero, il patteggiamento a 3 anni e 5 mesi concordato con la Procura, la somma messa a disposizione (400mila euro) da cui attingere per il risarcimento della Regione, il consenso «alla trasmissione in forma semplificata della documentazione bancaria svizzera a lui riferibile, secondo quanto chiesto dal pubblico ministero». Per questo, secondo Ghinetti, sono da «ritenere ridimensionate le esigenze cautelari e in particolare quelle attinenti alle indagini relative ai fatti per i quali si procede». Così, «la custodia domestica appare ora idonea a garantire le esigenze cautelari».
È «sollevato» e «contento», Prosperini. Perché va bene che «se si parla di umanità, di gentilezza, di capacità di capire, questo (il carcere, ndr) è un posto dove tanto il direttore, quanto le guardie si sono comportate senza fare preferenze, correttamente». E passi che «anche il cibo qui era buono, come in mensa». Però si sta meglio fuori. «È stato duro stare qui perché sei privato della libertà». E infatti «è una esperienza che forma, magari un pò meno lunga, bastava una settimana». Dai domiciliari, ora, l’ex assessore dovrà fare i conti con gli strascichi delle indagini. Sia Lagostena Bassi che il consulente Massimo Saini sono ai domiciliari e hanno raggiunto con la Procura un accordo per il patteggiamento (2 anni e 10 mesi con un risarcimento di 150mila euro il primo, 2 anni e 3 mesi il secondo), ma la vicenda non sembra chiusa del tutto. Perché martedì è finito in carcere Davide Soletti, braccio destro di Prosperini, con l’accusato di aver riciclato 800mila euro passati su conti svizzeri riconducibili proprio al politico. E il sospetto della Procura è che la tangente da 230mila euro versata da Lagostena Bassi non sia stata l’unica.

E poi c’è un’altra indagine, questa volta in mano al capo dell’antiterrorismo Armando Spataro, che chiama in causa l’ex assessore rispetto a una presunta vendita di armi all’Eritrea. Scenari che devono ancora essere approfonditi dagli investigatori. Ma col rischio che i grattacapi giudiziari per Prosperini non siano arrivati al capolinea.

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