«Pubblico e privato possono fare miracoli»

«Il Cio non vuole impianti faraonici ma funzionali, Milano è carente sia per le gare di élite, sia per lo sport di base. C’è un’espressione inflazionata che però ha una sua valenza speciale: evitare cattedrali nel deserto. Significa non costruire palazzi che dopo l’evento sono eccessivi e collegarli tra loro con una mobilità controllata». Pino Zoppini, architetto, genio degli impianti sportivi e presidente del Coni regionale lombardo punta al sodo, pochi segni sul foglio e nessuno sprecato. Davanti alla mappa degli impianti di Milano che non esistono, fa il punto sulla questione tecnica della candidatura: «E sarei pronto a sostenerne la sua validità anche davanti al diavolo». La sua mappa parte dai poli, Rogoredo, Idroscalo, Monza-Sesto: «A Rogoredo anche lo stadio dell’atletica sarà da 35mila posti potenziabili con altri 30 mila. Parlo di tribune che verranno smontate dopo l’evento e potranno essere trasferite e rimontate dove è necessario. Questo ormai è lo stato dell’arte dell’impiantistica: mettere i posti dove servono. Qui c’è da progettare impianti e ristrutturare gli esistenti tenendo conto di un asse a est della città che colleghi i tre poli con tangenziale, metropolitana e quindi aeroporto. Il Vigorelli? Sarà sede del torneo di pugilato, il velodromo a Rogoredo. La data dei Giochi non deve influenzarci.

Il dossier presentato al Coni è carente? Non è vero, e non è neppure vero che Milano vuole spendere poco, pubblico e privato in città possono fare miracoli, uno potrebbe essere quello di toglierla dal quintultimo posto dell’indagine Istat sugli impianti».

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