La "quadra" ancora non si trova

Se guardiamo all'Europa in tutte le sue principali versioni, compresa l'ultima tornata elettorale in Svezia, il quadro è chiaro

È inutile girare intorno e menare il torrone: anziché guardare ai singoli frammenti per stabilire chi può entrare e chi no nel centrodestra, occorre una scelta preliminare di fondo e una visione strategica d'insieme.

Se guardiamo all'Europa in tutte le sue principali versioni, compresa l'ultima tornata elettorale in Svezia, il quadro è chiaro: il centrodestra arranca come forza moderata di governo e trionfa come forza popolare-nazionale di opposizione. Perde come centro, vince come destra. La prima ha il vantaggio di essere accettata dall'establishment con buone chance di governo ma con scarso appeal elettorale. La seconda è respinta dall'establishment e difficilmente va al governo ma questo rafforza il suo grande appeal popolare.

La prima ha l'assenso dei poteri ma non il consenso dei popoli, la seconda viceversa. In Italia il centrodestra guidato da Berlusconi cercò, e ora ritenta, di tenere insieme le due tendenze che oggi si possono rappresentare ai loro estremi da Alfano e Salvini, e nel mezzo cinquanta sfumature di azzurro e un cuore tricolore, ora interpretato dalla Meloni (più il pallido disseppellimento di Fini nel ruolo di Lazzaro o lazzarone). La convergenza è un'ipotesi difficile ma la sola praticabile se vuol essere vincente, non solo in Italia.

Ma occorrono due ingredienti per tentare una sintesi: un messaggio politico e ideale forte che li unisca e un quartetto di leader compatibili, che non siano cioè gli stessi che hanno capeggiato la diaspora. Poi verrà il leader.

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